L’attentato a Tel Aviv

rassegnaTra Jihad e nazionalismo palestinese. Ieri nell’ora di punta a Tel Aviv un il ventitreenne palestinese Hamza Matrouk è salito sull’autobus 40, ha aspettato che facesse due fermate perché si riempisse di persone e poi si è scagliato contro il conducente e i passeggeri. Entrato illegalmente dalla Cisgiordania, si era portato con sé il coltello con cui ha ferito dodici persone, di cui tre versano in gravi condizioni. “L’ho fatto di mia scelta e volontà – ha detto l’aggressore, come riporta Maurizio Molinari su La Stampa – per vendicare le vittime della guerra di Gaza, per difendere la Spianata delle moschee di Gerusalemme” e anche dopo aver visto su Internet un video in favore della Jihad. Secondo Molinari è sempre più evidente “il contagio jihadista fra i nazionalisti palestinesi”, con Israele impegnata negli scorsi mesi a contrastare l’influenza dell’Isis vicino ai suoi confini: una dimostrazione, l’arresto del “comandante di Isis in Palestina” Adnan Ala-din. D’accordo con questa analisi, Fiamma Nirenstein (Giornale) che sottolinea come Israele sia un avamposto contro il terrorismo islamico. “È sempre stato il piccolo Hans col dito nella diga – scrive Nirenstein – ma ora che le onde sono altissime non ce la fa più a combattere da solo per tutti.

Il coraggio dell’autista. “Salvami, salvami, mi ha pugnalato dappertutto, il terrorista ha colpito anche i passeggeri, perdo sangue, sto morendo, salvami”. È il drammatico appello lanciato dall’autista del bus 40 dopo l’attacco del terrorista palestinese. Nonostante le ferite,  “riesce a chiamare il capoturno, a lanciare l’allarme – la ricostruzione di Davide Frattini sul Corriere della Sera – il veicolo sbanda, si blocca in mezzo alla strada, dalle porte aperte scende chi prova a fuggire, una videocamera di sicurezza mostra una donna che corre, l’assalitore la accoltella alle spalle e prosegue la caccia”. Hamas intanto elogia il sanguinario attentato mentre il premier israeliano Benjamin Netanyahu annovera tra i responsabili dell’attacco Mahmoud Abbas, accusato di “di incitare alla violenza e di frenare in tutti i modi possibili la ripresa dei colloqui di pace”, scrive Michael Sfaradi su Libero.

Netanyahu, gli Usa e l’Iran. “I repubblicani invitano Benjamin Netanyahu a Washington, un discorso davanti al Congresso americano che deve decidere se approvare nuove sanzioni contro l’Iran”. La visita, scrive il Corriere, è fissata per l’11 febbraio ma intanto il premier guarda con attenzione all’evoluzione della situazione sui confini nord di Israele. Dopo l’uccisione di un alto comandante iraniano in Libano da parte di un raid israeliano (Israele, scrive il Foglio, voleva colpire le armi di Hezbollah ma non sapeva della presenza sul convoglio del militare di Teheran) sale il timore di possibili rappresaglie, tanto che il capo di Stato Maggiore Benny Gantz ha fatto saltare il viaggio diplomatico in Europa per tenere sotto controllo la situazione.

Germania, travestirsi da Hitler non paga. Il leader del partito xenofobo “Pegida-Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’Occidente” Lutz Bachmann, è stato costretto a dimettersi dopo che su internet sono circolate delle foto in cui si vede lo stesso Bachman travestito da Hitler (Corriere e Repubblica).  “Qualunque politico che si travesta da Hitler o è un nazista o è un idiota”, ha sentenziato il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel, riporta Daniel Mosseri su Libero.

Roma, alla ricerca della biblioteca trafugata dai nazisti. Paolo Conti racconta sul Corriere la ricerca da parte dell’ebraismo della Capitale di recuperare i migliaia di volumi sequestrati dai nazisti dalla biblioteca della Comunità. “Sono convinta che lo straordinario tesoro costituito dalla biblioteca della nostra Comunità non sia andato distrutto. E che sia ancora chiuso in chissà quale deposito. Ora il nostro compito è rintracciarlo”, dichiara Alessandra Di Castro, direttrice del Museo ebraico di Roma. “Un patrimonio unico, messo insieme nel primo Novecento quando vennero riunite le diverse raccolte delle antiche Cinque Scole con la costruzione del Tempio maggiore”, dichiara a Conti la studiosa Serena Di Nepi.

Torino e il vagone scomodo.  Il carro merci in piazza Castello, identico a quello con cui Primo Levi fu deportato e posizionato dai curatori della mostra “I mondi di Primo Levi. Una strenua chiarezza” potrà restare solo 15 giorni e non per la durata della mostra. Secondo il soprintendente è una struttura invasiva. “Certo, il vagone è un elemento caratterizzante – spiega il curatore Fabio Levi a Maria Teresa Martinengo su La Stampa – , ma per questa mostra abbiamo sempre ragionato su quanto ciascuno era disposto a dare per un omaggio a Levi”.

Incontrarsi nella Capitale. “Insieme alla comunità di Sant’ Egidio vogliamo promuovere incontri con il mondo islamico. Stiamo pensando con chi farli, con dei leader che sappiamo essere sinceri nel loro spirito, ma non solo con i leader. Bisogna avere il coraggio di fare incontrare le persone”. Lo ha annunciato il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici (Il Messaggero).

Daniel Reichel

(22 gennaio 2015)