Qui Roma – La Shoah e la Medicina

medicina e memoriaMedicina e Shoah, 70 anni dopo Auschwitz. Se ne è parlato in occasione della tavola rotonda organizzata al Policnico di Roma (Università La Sapienza) nell’ambito delle iniziative per il Giorno della Memoria del Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah.
Ad intervenire il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, Livia Ottolenghi (Università La Sapienza), il professor Antonio Pizzuto de La Sapienza, Georg Lilienthal della Gedenkstatte Hamadar, il direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah di Roma Marcello Pezzetti e infine il professore della Sapienza Gilberto Corbellini.
“Sono molto fiero di presenziare a questo incontro – ha iniziato il Magnifico Rettore della Sapienza Eugenio Gaudio – e devo dirvi che mi è già stato chiesto di replicare l’iniziativa. La Sapienza da anni si impegna su questo tema con corsi specifici. Ed è fondamentale che ciò parta proprio dall’università che accoglie i ragazzi durante la loro fase formativa e che ha il dovere di mantenere la Memoria. Vogliamo che essa sia un punto di rifermento culturale aperto a tutto il paese”.
Interviene poi il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna: “Trovo lodevole il fatto che nella facoltà di medicina si tengano corsi appositi su quanto avvenuto durante la Shoah. Dopo settant’anni ci confrontiamo con le atrocità commesse dai nazisti particolarmente impressionanti che hanno coinvolto medici senza scrupoli con esperimenti e progetti di eutanasia. Dobbiamo studiare a fondo le ideologie che hanno portato a tanto e tenere sempre gli occhi aperti alla luce dei terribili fatti di cronaca che ci coinvolgono ogni giorno. Lavorare sulla cultura è la sfida cruciale dei nostri tempi”.
Ad introdurre i lavori, moderati da Fabio Gaj e Silvia Marinozzi, Liva Ottolenghi: “La nostra università si confronta con la Memoria attraverso corsi e viaggi organizzati da un gruppo multidisciplinare. Voglio aprire con un auspicio: uno studio inglese ha dimostrato che la parola razza dal 1965 al 2005 è stata usata molto meno che è stata sostituita dal termine etnia. La mia idea e speranza è che il termine razza venga totalmente rimosso dalle pubblicazioni scientifiche”.
Il rav Riccardo Di Segni partecipa con tre vesti diverse, quella del rabbino capo di Roma, di medico e di vice presidente del Comitato Nazionale di Bioetica: “Noi discutiamo di Bioetica dai nostri uffici ma dobbiamo pensare che i medici ebrei segregati prima nel ghetto e poi nei campi di concentramento si ritrovarono a dover affrontare i dilemmi più spinosi: come decidere a chi dare le poche medicine disponibili? Fare abortirò o meno le donne incinte che altrimenti sarebbero state uccise?”
“Con le leggi razziste – continua – vennero radiati 131 medici italiani perché ebrei. Tra quelli c’era mio padre: era stato mandato in Spagna a fare il medico per la croce rossa e fu richiamato con un foglio di via. Vedendolo rientrare con quel foglio che supponeva un grave errore commesso, un uomo gli chiese: che cosa hai combinato disgraziato? Fu una delle più grandi umiliazioni della sua vita. Un giorno durante la guerra un bambino della scuola vicino casa si sentì male e lui lo curò. Quando il preside gli chiese quale fosse il compenso, mio padre rispose che non gli doveva niente perché per l’Italia non era un medico. Il preside fu talmente scosso che divenne da quel momento suo paziente illegale”.
Il professor Antonio Pizzuto introduce l’eugenia, il principio fatto proprio dai nazisti per giudicare le ‘razze’: “L’idea era nata con l’inglese Francis Galton cugino di Darwin. Si sviluppò poi negli Stati Uniti. La Rockefeller Foundation, pensate, finanziò molte delle ricerche tedesche”. “La scienza dimostra – conclude Pizzuto – che le differenze genetiche tra persone della stessa etnia sono maggiori che tra quelle di etnie diverse. Prova inconfutabile che la teoria della razza è geneticamente inesistente”.
Georg Lilienthal illustra poi le ricerche sulla terribile azione T4, il progetto di eutanasia forzata perpetrato dai nazisti: “Dal 1939 al 1941 i nazisti uccisero più di 70.000 persone giudicate come non adatte attraverso gli istituti della morte. Selezionarono disabili, uomini, donne e bambini non in grado di lavorare ed ebrei. Smisero poi perché ci furono troppe indiscrezioni. Il T4 è stato però il punto di partenza dei campi di concentramento a cominciare dall’idea della doccia dalla quale veniva liberato il gas letale”.
Marcello Pezzetti evidenzia come la dittatura nazista si sia basata su una bio politica che decideva della vita e della morte delle persone: “Per gli scienziati come Mengele che facevano esperimenti sugli ebrei dei campi, le loro cavie non erano esseri umani e non erano vivi. Li vedevano come cadaveri in vacanza”.
A conclusione il professor Corbellini illustra il processo di Norimberga fatto dal 1946 al 1947 ai medici nazisti per volere degli Stati Uniti: “23 erano gli imputati e 6 furono prosciolti. I medici nazisti vennero meno al primo principio di Ippocrate: Non Nocere. Il processo fu l’inizio della ridefinizione della nuova Biomedica che si regge su tre principi: la giustizia, fare il bene e il rispetto delle persone”.

Rachel Silvera twitter @rsilveramoked

(22 gennaio 2015)