Qui Torino – I mondi di Primo Levi
Il vagone d’inciampo

vagone trasporto Primo LeviPiazza Castello nei mesi scorsi ha ospitato di tutto, dai palchi per i concerti a stand e chioschi per le iniziative commerciali, dal calendario dell’avvento di Emanuele Luzzati all’immenso albero di natale fatto di lucine colorate che fino a pochi giorni fa si faceva notare parecchio. Ma non ci sono state particolari polemiche sull’utilizzo di uno spazio che da sempre accoglie manifestazioni di tutti i generi. È invece oggi sui giornali una lettera di cui già si parlava ieri pomeriggio prima dell’inaugurazione della mostra “I mondi di Primo Levi – Una strenua chiarezza”. Il sovrintendente ai beni artistici Luca Rinaldi ha scritto al Comune di Torino, lamentando che il carro merci prestato dal Museo ferroviario per accogliere fuori da Palazzo Madama i visitatori della mostra “interferisce con l’asse prospettico della città storica”. Poi, in uno slancio di generosità, ha spiegato che ha concesso al vagone di restare nella sua collocazione per 15 giorni “perché l’iniziativa è lodevole”, ma ha ribadito che “bisogna porre argine a strutture invasive in un luogo come quello”. E il vagone merci dell’inizio del Novecento, uguale a quelli usati per trasportare i deportati verso i campi è “ingombrante” e “risulta del tutto estraneo alla piazza”.
Fabio Levi, direttore del Centro studi Primo Levi e curatore insieme a Peppino Ortoleva della mostra che ieri è stata letteralmente presa d’assalto da centinaia di visitatori, ha commentato che “Il vagone è un elemento molto evidente all’esterno ma la mostra non è centrata su quello, dentro a Palazzo Madama è esposto ben altro. Per questa mostra abbiamo sempre ragionato su quanto ciascuno era disposto a dare per un omaggio a Levi. Il soprintendente ci ha dato 15 giorni e non ci sono polemiche in corso”. È importante che l’attenzione resti sui contenuti e sul progetto, che presenta al pubblico i molti aspetti di uno scrittore che non è stato solo un grande testimone della Shoah, e l’assessore alla Cultura Maurizio Braccialarghe ha confermato: “Toglieremo il vagone tra 15 giorni, rispettando il parere del soprintendente, ma resta il fatto che si tratta di un simbolo legato alla mostra, carico di significati”. Il presidente della Comunità ebraica di Torino, Beppe Segre, ha aggiunto che “Pur senza voler entrare nel merito della questione di competenza di altri Enti, sono rimasto spiacevolmente stupito e deluso della decisione della Soprintendenza torinese che valuta ingombrante e del tutto estranea all’estetica della piazza il vagone merci, simbolo della deportazione ad opera dei nazifascisti di Primo Levi, di migliaia di persone dall’Italia, di milioni di uomini e donne, vecchi e bambini, da tutta Europa. Lo scopo del vagone – mi sembra – è proprio creare disagio e inciampo metaforico, come una enorme pietra dell’inciampo, spiazzare, far riflettere il passante sul progetto nazifascista di odio e follia, teso alla conquista del mondo, ed all’annientamento sistematico degli ebrei, degli oppositori, dei diversi”. Il sindaco, Piero Fassino, alla conferenza stampa aveva dichiarato che “Levi rappresenta non solo un riferimento culturale ma un impegno morale a contrastare ogni forma di violenza, intolleranza, sopruso che possa produrre nuove sofferenze. Solo pochi giorni fa ci siamo riuniti in questa piazza per commemorare le vittime di Parigi. La violenza può riprodursi ancora”. E il vagone contestato, una immagine potente che non è possibile ignorare, è un monito a non dimenticare quello che è stato. Per quindici giorni.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(22 gennaio 2015)