Memoria, valore da difendere

SWG PE febbraio 2015Il Corriere della Sera pubblica oggi un’ampia anticipazione dell’indagine sulla percezione della Memoria da parte degli italiani condotta dall’istituto di ricerca SWG in collaborazione con la redazione di Pagine Ebraiche. Giunto alla seconda edizione, il rapporto “Scenari di un’Italia che cambia – Speciale per il Giorno della Memoria” parla di un valore sempre più “fragile” e “minacciato” e rilancia la sfida a tutti i livelli – istituzioni, scuola, educatori – affinché questo incommensurabile patrimonio non venga disperso. “L’analisi che appare nel prossimo numero di Pagine ebraiche, il periodico dell’ebraismo italiano, parla chiaro. L’attenzione è inevitabilmente rivolta al peso della Giornata della Memoria del 27 gennaio nella coscienza collettiva italiana: ‘Abbassare la guardia e considerarla un dato acquisito potrebbe costituire un grave pericolo. Resta necessario al contrario intensificare il lavoro di informazione e cultura, gli investimenti sull’educazione, lo sforzo di sottrarre la Memoria della Shoah al quadro retorico e celebrativo dove vengono spesso relegate le attività istituzionali presenti sul calendario ma – scrive oggi Paolo Conti – poco avvertite nella coscienza della popolazione’”

La conquista raggiunta al costo di un duro impegno per fare stabilmente della Memoria un patrimonio di civiltà e di consapevolezza per tutti gli italiani segna la nostra epoca, ma abbassare la guardia e considerarla un dato acquisito potrebbe costituire un grave pericolo. Resta necessario al contrario intensificare il lavoro di informazione e di cultura, gli investimenti sull’educazione, lo sforzo di sottrarre la Memoria della Shoah al quadro retorico e celebrativo dove vengono spesso relegate le attività istituzionali presenti sul calendario ma poco avvertite nella coscienza della popolazione. Sono queste le prime considerazioni che emergono dai dati 2015 della ricerca sulla percezione della Memoria da parte degli italiani. Il rapporto Scenari di un’Italia che cambia – Speciale per il Giorno della Memoria, realizzato dall’istituto di ricerche SWG Lab con la collaborazione della redazione di Pagine Ebraiche giunge ora alla seconda edizione con i dati raccolti nel gennaio 2015, proprio alla vigilia di questo Giorno della Memoria.
SWG 1 memoria 2015“Si tratta di un passaggio importante – commenta Riccardo Grassi, direttore di ricerca nell’istituto – perché per la prima volta abbiamo uno strumento che è in grado di misurare cosa pensano e quanto capiscono gli italiani della Memoria, ma non solo. Confrontando gli ultimi dati con gli indicatori della prima ricerca, realizzata nel gennaio 2014, possiamo anche trovare una conferma sulla solidità delle considerazioni emerse un anno fa e soprattutto misurare come evolve nel tempo la percezione della pubblica opinione”.
SWG 2 memoria 2015Il raffronto con i dati più recenti conferma molti degli elementi già emersi un anno fa, a cominciare da una solida base di consapevolezza che costituisce un elemento importante di equilibrio e di cultura per la nostra società. Ma fa suonare anche alcuni campanelli d’allarme.
SWG 3 memoria 2015Il primo riguarda il grado di percezione, che mantiene una forte consistenza, ma risulta in netto calo. Mano a mano che passano gli anni e che ci allontaniamo dal tragico periodo delle persecuzioni e della Shoah, mano a mano che alla coscienza storica e alla testimonianza diretta di chi quegli anni li ha vissuti si sovrappongono gli stimoli e le preoccupazioni determinate dalla vita in una società sempre più problematica, dalla crisi economica, da un senso di insicurezza e di generalizzata caduta degli ideali, la Memoria si trova esposta a sempre maggiori rischi. Secondo l’indagine anticipata da Pagine Ebraiche la percezione di un forte coinvolgimento rispetto al Giorno della Memoria cala così dal 42 per cento registrato nel 2014 al 39 per cento di quest’anno.
SWG 4 memoria 2015Una variazione percentualmente non enorme, ma comunque significativa, e soprattutto allarmante se letta in una prospettiva temporale, che presenta il rischio di una Memoria sempre più sbiadita. A fronte di questo c’è l’impressionante radicalizzazione di una minoranza consistente che di Memoria non vuole sentir parlare.
SWG 5 memoria 2015La somma di chi ritene che si tratti di una questione di esclusivo interesse ebraico e di chi pensa che “non serva più a nulla” è in forte ascesa. Ma la ricerca presenta molti altri punti di interesse, elementi su cui è urgente avviare una riflessione seria e fattiva da parte delle istituzioni e di tutti coloro che considerano la Memoria irrinunciabile.
SWG 6 memoria 2015Gli sforzi sul fronte dell’educazione, che trovano conferma nella ricerca quando si vanno a scomporre i fattori sociali dei rispondenti e si prendono in esame le risposte dei giovani, stanno producendo effetti tangibili. Ma il risultato per certi aspetti confortante, se mette fortemente in rilievo il carattere formativo della Memoria corre il rischio di comportare una riduzione della percezione della rilevanza dei valori in gioco. “In altre parole – conferma Grassi – là dove non si riesce a bilanciare l’azione dell’istituzione scolastica con attività culturali e sociali gestite anche a livello non formale si rafforzano dei valori che certo sono dovutamente diffusi, ma rischiano di rimanere inamidati nella loro dimensione istituzionale”.
Sempre su questa linea i dati dimostrano anche una crescita, moderata, ma allarmante, di reazione alle attività dedicate alla Memoria. Gli italiani che fanno riferimento a giudizi come “retorico” o “inutile” quando si parla di Memoria stanno crescendo, e dietro la loro insofferenza rischiano di celarsi sentimenti oscuri e preoccupanti, rischia di mettere radici la tentazione dell’intolleranza, della negazione della Storia e dell’odio. La ricerca è stata condotta su un campione di mille rispondenti maggiorenni, lo stesso utilizzato per analizzare l’orientamento politico degli italiani da SWG, l’istituto fondato a Trieste che da più di vent’anni progetta e realizza ricerche istituzionali, politiche, valoriali e di mercato e sondaggi d’opinione. Si tratta di un campione che è considerato dagli esperti molto affidabile e dotato di una sua stabilità metodologica, e le risposte sono arrivate attraverso un sondaggio CAWI, acronimo di Computer Assisted Web Interviewing, ossia tramite un software per sondaggi online. I risultati riguardano quattro domande, due dirette – per cui erano possibili più risposte – e due proiettive (ossia che consentono di delineare indirettamente cosa pensa il rispondente, senza farlo sentire direttamente coinvolto), ma nell’edizione di quest’anno consentono anche una complessa e delicatissima lettura delle differenze che caratterizzano le diverse sensibilità politiche e le diverse componenti anagrafiche in cui si articola la società italiana. Il quadro delineato dalla ricerca per fortuna non è così drammatico, e “La strada verso una interiorizzazione dei valori della Memoria – scriveva Pagine Ebraiche un anno fa – è ancora lunga, e richiede forse una riflessione approfondita”. Quest’anno possiamo confermare questa analisi e aggiungere un elemento di attenzione, di moderato allarme in più. Rispetto al monito lanciato nel 2014 ora solo quel “forse” risulta un’eccessiva prudenza, anzi sembra decisamente di troppo. Si lavora molto e si raccolgono risultati concreti, ma gli elementi che prendono forma all’orizzonte non appaiono confortanti e consigliano di tenere molto desta l’attenzione e l’impegno da parte degli ebrei italiani e di tutti coloro che vogliono garantire ai propri figli la possibilità di vivere in un mondo migliore.

Ada Treves
da Pagine Ebraiche, febbraio 2015

Il 44 per cento vede l’antisemitismo

Leggere la percezione della Memoria, leggere la percezione dell’antisemitismo in Italia. Le due prospettive di ricerca sono collegate? Interrogare la pubblica opinione su un valore comune a tutta la società civile come la Memoria della Shoah consente anche di misurare il tasso di antisemitismo e la sua evoluzione, o per lo meno la maniera in cui il fenomeno dell’odio è percepito dalle gente? I ricercatori di SWG ne sono convinti e hanno deciso di riaprire l’analisi anche su questa specifica prospettiva in occasione della seconda edizione del sondaggio sulla Memoria e gli italiani di fronte al 27 gennaio. Il punto di collegamento fra la conoscenza della Storia e l’interpretazione del presente è proprio il nodo dell’attualità della Memoria. E questo nodo sta precisamente nella presenza e nel perdurare dell’antisemitismo nella società contemporanea.
Anche nel caso della misurazione di questa percezione, la ricerca si arricchisce di dati recenti, raccolti sulla base di un rilievo su un campione affidabile negli scorsi, proprio nell’imminenza del Giorno della Memoria 2015. L’interesse della ripetizione della domanda a distanza di 12 mesi dalla prima edizione è duplice: da un lato verificare con una seconda prova la coerenza del primo rilievo, dall’altro misurare le dinamiche in corso e le evoluzioni di fattori che sono molto soggetti agli umori e alle impressioni del momento.
Numeri alla mano è possibile affermare che la percentuale di italiani che si dice convinta di una presenza significativa di antisemitismo nella nostra società resta consistente e testimonia di un fenomeno allarmante. Va anche segnalato, in ogni caso, che se sulla base dei dati raccolti nel gennaio 2014 l’insieme dei rispondenti convinti di una presenza significativa di odio nei confronti degli ebrei toccava il 46 per cento, ora questo numero sembra segnare una lieve ma significativa contrazione e raggiunge nei dati 2015 il 44 per cento. Scomponendo il fronte di segnali d’allarme possiamo però notare che in effetti solo la componente più moderata di chi segnala “abbastanza” antisemitismo è in contrazione, mentre crescono quelli che sono convinti che in realtà per descrivere la presenza dell’odio antiebraico in Italia sia il caso di utilizzare il termine “molto”.
In calo, sul fronte opposto, anche coloro che tendono a minimizzare il fenomeno fino a sostenere una sua totale assenza e optano quindi per la descrizione “per niente”. Nel 2014 a negare la presenza di antisemitismo nella società italiana era il 13 per cento degli intervistati, ma questo numero si è ridotto a distanza di 12 mesi al 10 per cento. Resta su questo specifico fronte di ricerca in ogni caso una complessità interpretativa molto maggiore rispetto agli interrogativi sulla Memoria. Chiedere alla pubblica opinione di descrivere la propria percezione dell’antisemitismo può significare cose molto diverse. Un’analisi razionale di quello che vediamo intorno a noi, certo, ma anche altre ombre, altri fantasmi che vanno a pescare nell’interiorità più profonda della gente.
Per questo motivo i sondaggisti mettono una cura molto attenta nel cercare di mettere gli interrogati a proprio agio, cercando di togliere dal campo ogni imbarazzo e ogni inibizione e di estrarre i sentimenti profondi dall’opinione pubblica senza mettere in gioco direttamente la necessità di dichiarare i propri orientamenti personali. Anche la componente che tende alla negazione del fenomeno, del resto, rappresenta il risultato della somma fra identità che possono essere molto diverse fra loro. Una delle varie anime di questo schieramento può essere rappresentata anche da chi per un motivo o per l’altro rifiuta di vedere un fenomeno comunque preoccupante e comunque presente nella nostra società. E la negazione di questa componente significativa nei numeri e solo apparentemente moderata nelle idee risulta in forte ascesa (dal 41 per cento del 2015 al 46 per cento di quest’anno).
In questo caso nell’ambito della consistente area che dichiara di vedere “molto” o “abbastanza” antisemitismo possiamo ritenere che si collochino categorie diverse di cittadini. Non solo osservatori lucidi e spassionati, non solo persone dotate di un solido senso civico e preoccupate dei fenomeni di odio e di diffidenza nei confronti della diversità che si vedono crescere attorno a noi. Ma anche cittadini interrogati che vivono in prima persona sentimenti di diffidenza o di odio e che trovano, attraverso l’attribuzione formalmente spassionata a una tendenza sociologica generale, una maniera di dichiarare senza imbarazzi questo aspetto della propria personalità. Scomponendo i dati sulla base della distribuzione sociologica dei rispondenti si raggiugono inoltre risultati molto diversi fra loro sotto il profilo delle fasce d’età e dell’adesione a diversi orientamenti politici. Se si analizza l’orientamento dei più giovani si può constatare una fortissima ascesa della componente che nega il fenomeno antisemitismo (dal 51,3 del 2014 al 66,2 per cento di quest’anno). Segnali divergenti, oltre che di difficile interpretazione, anche analizzando le risposte sulla base dell’orientamento politico degli intervistati. Un’ulteriore conferma che la percezione della presenza ebraica nella società costituisce un tema estremamente delicato, una cartina di tornasole su cui si confrontano ideologie e attitudini, anche fra ampie schiere di cittadini che un ebreo in carne e ossa non lo hanno mai probabilmente incontrato e che della cultura e della religione ebraica possiedono solo nozioni estremamente superficiali.

da Pagine Ebraiche, febbraio 2015

(26 gennaio 2015)