Al Piccolo Teatro va in scena la Memoria

anavimUn groviglio grigio, pesante e fermo. Il memoriale di Nathan Rapoport che dal 1948 troneggia nel luogo in cui un tempo sorgevano le rovine del Ghetto di Varsavia, per celebrare i partigiani che proprio lì si batterono in tanti scontri, è possente e imponente.
Ma qualche volta, su un palcoscenico, a un tratto prende vita. È lo spettacolo Avanim (Pietre) della compagnia israeliana Orto-da Theatre Group, in scena per una settimana al Piccolo Teatro di Milano in occasione del Giorno della Memoria. Il gruppo di pietra si muove, cambia disposizione, i personaggi interagiscono, le figure si mescolano. Si colora di sfumature sgargianti, con fiori rossi ancora più rossi su quello sfondo scuro, con stelle di David fosforescenti ancora più luminose, con nastri gialli in forme sempre nuove tra le mani e i corpi degli attori. Si esprime, formando dei tableaux vivants e con la musica, il cui repertorio spazia da Strauss alla sigla dei Looney Tunes passando per i Queen. Dolceamaro, gli Orto‐da definiscono così il loro pluripremiato spettacolo, in cui le risate vanno a braccetto con l’amarezza del ricordo, il presente e il passato si corteggiano vicendevolmente. “Avanim è una rappresentazione originale e sorprendente, ricca di immagini forti”, spiegano.
“Ha a che fare con la passione per la vita, con il mito e gli eroi, con la vittoria dello spirito. Gli attori vogliono dimostrare che la poesia e l’immaginazione sono gli strumenti che possono trasformare anche il più brutto dei momenti della Storia in bellezza e speranza”. Il monumento a cui s’ispira ha la forma di un massiccio parallelepipedo, che tra l’altro vuole rimandare sia al muro del Ghetto di Varsavia sia a quello del Pianto di Gerusalemme, su uno dei cui lati è scolpita una scultura di bronzo che raffigura i ribelli del Ghetto, uomini armati ma anche donne e bambini, al cui centro si riconosce la figura del leader della rivolta Mordechai Anielewicz. Ma non è solo il suo soggetto che ha colpito i sei membri di Orto‐da, ma anche la materia in cui è plasmato: “Durante la Seconda Guerra Mondiale Hitler fece cercare in Svezia le migliori pietre di granito per celebrare con un monumento il Terzo Reich”, avevano raccontato i membri di Orto‐da al quotidiano La Repubblica.
“Dopo la sua caduta, le pietre furono abbandonate e nel 1946 lo scultore ebreo Nathan Rapoport fu incaricato di celebrare con una statua la memoria dei ribelli del Ghetto di Varsavia. Paradossalmente quelle pietre volute da Hitler servirono a costruire un monumento alla memoria delle vittime del regime nazista”. Proiettati nel ventunesimo secolo, in Avanim i personaggi intraprendono un viaggio intimo nelle coscienze e nel tempo in un’artistica reminiscenza che stupisce lo spettatore, una poetica condanna che lo colpisce. È questa la cifra del teatro dell’Orto‐da Theatre Group, nato nel 1996 dall’unione di sei mimi attori, specializzati nel teatro di strada, alla ricerca di un nuovo linguaggio espressivo. La loro ricerca – spiega il Piccolo Teatro – mira ad armonizzare le radici culturali del teatro di tradizione e allo stesso tempo ad esplorare nuovi territori dell’arte teatrale. Da qui il nome: “Orto”, inteso come la radice di ortodosso, più “Da” come Dada, la corrente artistica e culturale novecentesca che rifiutava la ragione e la logica e ha rivoluzionato il mondo della letteratura e il teatro introducendovi la stravaganza. Ma l’ebraico, come al solito, ha sempre qualche sorpresa. Il nome rimanda infatti ad altri due concetti: “Or” che significa luce, più “Toda” che vuol dire grazie. In queste radici etimologiche risiede la chiave del lavoro della compagnia, i cui componenti portano in scena una fusione post moderna di mimica corporea, clownerie con un tocco “dark”, danza e visual art, creando in questo modo uno stile unico e di grande immediatezza, che raggiunge il pubblico oltrepassando qualsiasi barriera linguistica e culturale.

Francesca Matalon

Pagine Ebraiche febbraio 2015

(27 gennaio 2015)