Exodus e azione

anna segreMi ha fatto uno strano effetto vedere il film Exodus di Ridley Scott proprio nella settimana tra Shabbat Bo, in cui si è letto dell’uscita dall’Egitto, e Shabbat Beshallach, con il miracolo del Mar Rosso. Ma forse ha fatto ancora più effetto nella settimana del Giorno della Memoria vedere ebrei costretti a lavorare in condizioni disumane, sentir parlare di bambini ebrei uccisi e di “Giusti tra le Nazioni” che li salvano e li proteggono. In alcuni momenti viene il sospetto che i riferimenti all’attualità presenti nel film siano voluti, per esempio quando ci viene mostrato un Mosè (ancora inconsapevole della propria identità) antisionista ante litteram, che irride gli ebrei per il loro rimpianto di una terra che non hanno mai conosciuto e da cui mancano da secoli; o un Mosè in crisi d’identità, che non può fare a meno di considerare l’Egitto il proprio paese; o ancora, dopo l’uscita dall’Egitto e il passaggio del Mar Rosso, un Mosè che si pone in termini decisamente attuali il problema del rapporto con le popolazioni che già risiedono in Eretz Israel. Non manca neppure la resistenza armata contro il Faraone, prima che arrivino le piaghe. Ma forse questo Mosè – Gladiatore (non per niente il regista è lo stesso) che usa la spada al posto della verga perfino per far aprire il mare, accompagnato da un Aron sempre armato di arco e frecce, risponde semplicemente a un’esigenza di spettacolarità. In effetti per quanti spunti di attualità ci siano nel film, molti di più sono quelli lasciati cadere. Al di là delle intenzioni del regista, è la storia stessa dell’Esodo ad essere sempre straordinariamente attuale, tanto da risultare paradigmatica in molte epoche e situazioni, e non solo per gli ebrei. Non per niente l’Haggadah di Pesach ci insegna che “In ogni generazione ciascuno deve considerarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto”: un’identificazione molto facile per noi figli di bambini miracolosamente salvati. Tra i passi della Torah che suonano facilmente attuali e che invece Scott ha tralasciato ci sono i numerosi colloqui e contrattazioni tra Mosè e il Faraone, che viene più volte messo in guardia e ripetutamente ignora gli avvertimenti. Non so se siano stati tolti perché avrebbero rallentato troppo l’azione; resta il fatto che il Faraone, senza la caparbietà e la slealtà che dimostra nel testo biblico, appare in una luce meno negativa, e in certi momenti (soprattutto dopo la morte del suo primogenito) fa decisamente pena. Quando si racconta solo una parte della storia gli oppressori riescono facilmente a fare la figura delle vittime, e viceversa. Anche questa è una lezione molto attuale, che noi ebrei conosciamo bene.

Anna Segre, insegnante

(6 febbraio 2015)