linguaggi…
Questa mia non vuole in nessun modo essere una indicazione di voto, ma voglio comunque parlare delle prime pubblicità elettorali che girano sul web qui in Israele.
In una troviamo Bibi Netanyahu che gioca al “Bibi-sitter” in una ironica performance elettorale che lo vede entrare in una casa israeliana dove si propone come “custode dei bambini”, affidabile e serio rispetto ad altri candidati, che vengono citati e presi in giro o per la loro incostanza politica o per i rischi di incapacità nell’assicurare stabilità alla casa, ai mobili, alla proprietà, dove la casa è il simbolo stesso del paese e dei suoi confini sicuri.
In un altro spot troviamo invece un malato con al suo capezzale una infermiera e un dottore che ne discutono la difficile situazione di salute che dura ormai da venti anni e sostituiscono le solite medicine “Oslo 1, Oslo 2, Accordi di Hevron, etc. etc.” con la medicina del partito rappresentato da Naftali Bennet e, chiaramente, il paziente migliora, mentre il dottore dice all’infermiera che si scusa per il mancato risultato: “Basta con le scuse”, motto che il partito in questione ha fatto proprio rispetto anche all’idea di relazioni che lo Stato di Israele deve avere con il mondo su temi come la propria sicurezza.
Proprio perché non intendo dare nessuna indicazione di voto aspetto con ansia la reazione mediatica di Tzipi Livni ed Herzog rispetto a queste due pubblicità elettorali che sono certamente fuori dal comune, mentre fino ad adesso tutti gli altri schieramenti politici si sono presentati nella campagna elettorale con approcci di comunicazione che definirei “classici”, standard o comunque con linguaggi se non stereotipati, sicuramente non innovativi.
Le pubblicità che invece vi ho brevemente raccontato, al di là dei partiti che rappresentano, usano linguaggi ironici, nuovi, piccanti per come presentano i loro messaggi ed immediati nell’inviare gli stessi, linguaggi che solo un paese giovane e dinamico come Israele può recepire.
Linguaggi che si rivolgono ad un pubblico elettorale che evidentemente cercherà i dati per le proprie scelte politiche in altri contesti (giornali, campagne di informazione, siti internet) ma la cui attenzione è accaparrata con spot ironici, divertenti, se vogliamo leggeri e scevri da toni paternalistici ai quali siamo stati abituati fino ad adesso.
Devo dire che i giorni da qui al 17 marzo, giorno delle elezioni, si fanno interessanti anche per questo: un nuovo gioco di comunicazione che tratta me, pubblico, con l’ironia di promesse elettorali che sono, per forza di cose, retoriche, ma sono presentate con intelligenza, leggerezza e acume che non annoia e fa sorridere.
Un insegnamento per tutti a cercare nuovi linguaggi, non solo elettorali, fra noi e il mondo, linguaggi che coinvolgano, facciano sorridere, spingano alla riflessione, colgano l’attenzione del pubblico al quale ci rivolgiamo senza promesse di salvezza e senza minacce apocalittiche o di dannazione eterna nel caso questo pubblico dovesse scegliere la strada da noi indicata.
Un linguaggio che abbia radici antiche ma rami moderni, ampi, ariosi, che facciano ombra a pubblici vasti, come uno degli alberi tanto celebrati in questi giorni di TuBishvat.
Pierpaolo Pinhas Punturello
(6 febbraio 2015)