Qui Roma – Auschwitz e le domande scomode
“C’è una cosa che mi chiedo ed è perché quando si parla di Seconda Guerra Mondiale, non si indaghi mai riguardo il comportamento dei ‘buoni’, gli alleati. Proprio per questo ritengo che il libro di Umberto Gentiloni sia molto importante”. A parlare è il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, tra gli ospiti della presentazione del libro “Bombardare Auschwitz” (ed. Mondadori) di Umberto Gentiloni Silveri organizzata al Pitigliani in collaborazione con il Centro di Cultura della Comunità ebraica di Roma.
Con un titolo evocativo, l’opera dello storico pone di fronte una domanda scomoda: perché gli alleati, pur sapendo dell’esistenza del campo di sterminio nazista, non hanno tentato di distruggerlo? Perché hanno permesso che il massacro continuasse?
“Questo è un libro davvero coraggioso – continua Zingaretti – affronta un tema quasi scabroso, indaga sui limiti e le ambiguità dei buoni e lo fa con una indiscutibile maturità intellettuale. Una delle armi più odiose utilizzate dai negazionisti della Shoah è sostenere che la Storia sia stata scritta dai vincitori. Ed è proprio attraverso un lavoro come quello di Gentiloni Silveri, che mette al centro e analizza i comportamenti proprio dei cosiddetti vincitori, che la loro tesi perde qualsiasi forza”.
Nella tavola rotonda moderata dalla direttrice di Rainews 24 Monica Maggioni, prende poi la parola il direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah di Roma Marcello Pezzetti: “Bombardare Auschwitz mi colpisce perché non cerca una risposta univoca. L’autore intervista tanti testimoni della Shoah ma attraverso essi non perde di vista la Storia. Per la prima volta – sottolinea Pezzetti – i testimoni sono un tramite tra Storia e Memoria e non limitati alla sola Memoria”. E Maggioni aggiunge: “Nel libro non si trova una risposta secca ma apre un indagine, si cala tra rimozioni e silenzi. In questo senso il ruolo dei Testimoni è fondamentale”.
Toccante la testimonianza di Terracina, che ha affermato: “Gli aerei degli alleati che passavano sopra Auschwitz io li ho sentiti con le mie orecchie e abbiamo sperato più volte che gli alleati bombardassero il campo. Qualcuno di noi sarebbe morto di certo, ma in fin dei conti noi eravamo senza alcuna speranza. Io credo che non lo abbiano fatto perché in fin dei conti non li andava di combattere per gli ebrei. Questo è un problema che ci affligge da sempre, l’indifferenza”.
“Molti si chiedono perché noi Testimoni abbiamo tardato a parlare di Auschwitz: la verità è che non ci sentivamo capiti. Alcuni ci dicevano che anche loro avevano vissuto la guerra e la fame – ha proseguito Terracina – ma non riuscivano a comprendere che la fame che provi ad Auschwitz è diversa da tutto il resto”.
rs
(17 febbraio 2015)