Ticketless – Campo dei Fiori

cavaglionMassimo Bucciantini, uno dei nostri maggiori storici della scienza, ha scritto la biografia di un monumento (“Campo dei Fiori. Storia di un monumento maledetto”, Einaudi).
Leggo il volume mentre sullo schermo scorrono le immagini dello scempio degli hooligans olandesi sotto la statua di Giordano Bruno, abituata da un secolo abbondante a ben altri spettacoli. Il libro di Bucciantini si apre con la pubblica sottoscrizione per la costruzione del monumento, le manifestazioni di piazza degli studenti in memoria del filosofo nolano di fine Ottocento e si chiude con la festa del partito radicale dopo l’approvazione della legge Fortuna sul divorzio (1970).
bucciantiniSembra impossibile che si possa a tanti anni di distanza ricostruire con tanta precisione il clima di un’epoca. Con una abbondante dose di semplificazione potremmo parlare di un ’68 dell’Ottocento, un sessantotto che a me è sempre sembrato più simpatico del suo omologo novecentesco. Represso brutalmente, non generò terrorismo o fatua creatività. Socialisti, anarchici si diedero appuntamento nel luogo-simbolo del libero pensiero, a due passi da piazza S. Pietro. Soli contro l’anticonformismo dell’epoca.
Tra le scoperte del libro Armand Lévy, di professione rivoluzionario, ex comunardo, esule ed ebreo in Campo dei Fiori. Bucciantini, documenti alla mano, dimostra che si deve a lui l’idea del monumento. Girò in lungo e in largo la penisola per fare conferenze e raccogliere fondi. Era innamorato dell’Italia, terra d’asilo come Lugano lo era per gli anarchici. La lettura di questo libro rafforza in me l’idea di una ricerca che non sono mai riuscito a svolgere e che vorrei moltissimo svolgesse un giovane oggi. Manca, e si avverte la mancanza, una contro-storia degli ebrei in Italia, che ripercorra il periodo che unisce l’Unità di Italia e la Grande Guerra. Una contro-storia che metta in rilievo la figura maieutica di ebrei “stranieri” anti-istituzionali, extra-parlamentari si direbbe oggi, nel senso di esterni alla vita ufficiale dell’ebraismo e della sua leadership. Essi vivacizzarono e fecondarono l’ebraismo italiano. Armand Lévy si unisce a Marcou Baruch, che sempre a Roma “importò” il sionismo, Ciro Glass, Moshe Beilinson e tanti altri personaggi caduti in oblio.

Alberto Cavaglion

(25 febbraio 2015)