Riconoscimento della Palestina, oggi il voto in Parlamento
È previsto per oggi a Roma il voto parlamentare sulla mozione che vorrebbe impegnare il governo italiano a riconoscere lo Stato palestinese. In merito il Partito Democratico si era diviso su posizioni diverse, ma la mediazione del capogruppo Roberto Speranza assieme al responsabile Esteri pd Enzo Amendola, dovrebbe “scongiurare ulteriori divisioni”, scrive Repubblica. “È un testo che spinge sulla riapertura del negoziato e sull’idea di due popoli due Stati”, spiegano i redattori al quotidiano. “Di passo prematuro che non farebbe che allontanare la pace”, aveva parlato l’ambasciata di Israele a Roma. Ncd, come già Forza Italia, non sembra appoggerà la mozione. Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, sul Corriere della Sera afferma che “il riconoscimento deve essere un processo, non può nascere dal pronunciamento di due o tre Parlamenti. L’Italia, avendo buoni rapporti con entrambi, può svolgere un ruolo di mediazione, a patto di non fare scelte unilaterali”.
Le divergenze tra Israele e Usa. Su La Stampa, Maurizio Molinari analizza i rapporti tra Washington e Gerusalemme, “mai così lontane”. Ultimo tassello di questa tensione nei rapporti tra i governi, il discorso che il primo ministro Benjamin Netanyahu terrà al Congresso il prossimo 3 marzo sulla questione iraniana, a cui il presidente Usa Barack Obama si è opposto e che per Molinari indica “una divergente visione strategica dei rapporti con l’Iran e dunque sul futuro assetto dell’intero Medio Oriente”. Sempre su La Stampa, un quadro dei contrasti diplomatici tra Israele e Usa delle ultime settimane, con le relazioni tra i due paesi “ai minimi storici”.
Il boia della Jihad. Identificato Jihadi John, l’uomo che in diretta video si è macchiato di crimini efferati, sgozzando diversi ostaggi: si chiama Mohammed Emwazi, 27 anni, nato in Kuwait ma cittadino del Regno Unito. Su Repubblica una descrizione del suo profilo. Intanto in Siria i miliziani dell’Isis avrebbero trucidato quindici persone mentre il numero dei rapiti, provenienti da villaggi cristiani, è salito a 350 (Repubblica). A Mosul, i jihadisti se la prendono con le statue dell’antica Ninive, distruggendo un patrimonio storico inestimabile (Repubblica).
Indagini a Gerusalemme. La polizia israeliana sta indagando sull’incendio divampato ieri in un seminario greco-ortodosso a Gerusalemme. “Sui muri, secondo la radio militare israeliana, sono state rinvenute scritte offensive e anticristiane – riporta l’Osservatore Romano – Nessuna vittima né feriti. La polizia, dopo l’intervento dei pompieri che hanno spento l’incendio, sta indagando sull’atto criminale”. La pista della polizia sembra seguire quella di estremisti provenienti dagli insediamenti israeliani (Avvenire). Su Repubblica, un reportage da Gaza, dove si è recato il famoso artista e writer Banksy (Corriere).
Roma, ritirate t-shirt antisemite. I vigili urbani della Capitale hanno sequestrato delle magliette antisemite in un negozio a Boccea, proverrebbero dall’ “enclave cinese di Prato” (Corriere della Sera Roma). Intanto sempre a Roma, tensioni per la manifestazione indetta dalla Lega contro il sindaco Ignazio Marino e per i presidi organizzati dagli estremisti di destra di CasaPound (Corriere Roma). E nella Capitale è tornata la squadra della Roma, reduce dalla vittoria in trasferta contro il Feyenoord e valsa la qualificazione agli ottavi di Europa League. Durante il match però i tifosi di casa si sono macchiati di comportamenti antisportivi: tra gli episodi da condannare, il lancio di una banana finta all’indirizzo del giocatore ivoriano Gervinho (Gazzetta dello Sport).
Marie che rimase in Germania. Sull’Osservatore Romano, Anna Foa racconta “la storia di Marie Jalowicz Simon, una giovane ebrea di Berlino che nel 1942, quando la Gestapo venne a cercarla per deportarla, riuscì a fuggire ed entrò in clandestinità, passando di casa in casa, aiutata da amici ebrei non ancora deportati e soprattutto dalla rete clandestina antinazista” e che, a guerra conclusa, decise di rimanere in Germania.
Argentina, niente inchiesta sulla Kirchner. Il presidente argentino Cristina Kirchner non dovrà più difendersi dall’accusa di aver insabbiato le responsabilità iraniane nell’attentato al centro ebraico Amia del 1995 a Buenos Aires. A decidere di far cadere l’inchiesta portata avanti dal procuratore Alberto Nisman, trovato morto quattro giorni dopo aver denunciato la Kirchner, il giudice Daniel Rafecas (Il Garantista).
Daniel Reichel
(27 febbraio 2015)