Elezioni e Purim
Mi ero abituata a identificare le elezioni comunitarie torinesi con l’inizio dell’estate, la fine dell’anno scolastico, l’approssimarsi degli esami; nelle stesse giornate capitava di parlare di programmi elettorali e di programmi svolti, di provare a immaginare come sarebbe andato questo o quel candidato, questo o quell’allievo.
Tutt’altro clima quest’anno: le elezioni leggermente anticipate (soluzione di compromesso) ci hanno portato a votare con le montagne ancora coperte di neve, tre giorni prima di Purim.
Mentre i ragazzi delle scuole ebraiche e i loro insegnanti preparavano i testi delle recite, distribuivano le parti, cercavano di coinvolgere parenti e amici sperando di avere nel giorno fatidico la loro approvazione, molti altri adulti della Comunità erano impegnati in un gioco simile: immaginare i possibili ruoli dei futuri Consiglieri, inventare nuove strategie di comunicazione, augurarsi di portare molta gente a votare e di avere molti consensi. I giorni che precedono le recite e le elezioni sono estremamente stressanti: il momento fatidico si avvicina sempre di più e si teme di non essere pronti. Poi il giorno dopo i ragazzi tornano ai normali doveri scolastici mentre i neoeletti si trovano una Comunità da gestire. Intanto, però, ragazzi e adulti hanno avuto un’occasione per imparare a lavorare insieme, valorizzando le competenze di ciascuno e al contempo cementando l’unità del gruppo. Sono momenti che probabilmente in futuro si ricorderanno con piacere. D’altra parte in Comunità piccole come le nostre la parte di ciascuno è fondamentale e anche chi non è direttamente coinvolto nella campagna elettorale ha comunque la consapevolezza di poter fare la differenza.
In questo le elezioni comunitarie somigliano più alle recite di Purim di quanto non somiglino alle nostre elezioni politiche, in cui il nostro voto conta ma è una goccia nel mare, o a quelle israeliane, che possiamo solo osservare dall’esterno con timore e trepidazione.
Anna Segre, insegnante
(6 marzo 2015)