…feccia

Durante i campeggi giovanili dell’Hashomer Hatzair una quarantina di anni fa i miei sodali romani usavano cantare sulle note di “Banana Boat Song” di Harry Belafonte un jingle che diceva più o meno così: “Heoh, sò Giudé, sò Giudé, sò Giudé, son la feccia della società”.
Lo facevano (lo facevamo) ridendo, mettendo in atto una forma autoironica di affermazione identitaria ebraica, legata alle nostre comuni radici popolari. La diversità nell’uso delle stesse parole avvenuto durante una trasmissione televisiva, in cui un politico fascista travestito da cavaliere celtico ha affermato senza vergogna che i Rom sono la feccia della società è sotto gli occhi di tutti.
Purtroppo cresce il timore che in questo paese la gran voglia di autoritarismo e di “qualcuno che metta a posto le cose” assegni a concetti impresentabili come quelli espressi da costui una patente di praticabilità. Se espresse in altri ambiti della società (mi viene ad esempio in mente la scuola dei miei figli) parole del genere avrebbero provocato indignazione, seguita da un programma educativo contro il bullismo. Se i conduttori delle trasmissioni televisive credono che i loro talk-show godano del privilegio dell’extraterritorialità credo che stiano commettendo un grosso errore. Alla fine la loro ambizione a rappresentare il vero volto della società si ridurrà a un facile e inutile esercizio: invitare qualche urlatore strapagato che dell’aggettivo incriminato fa l’uso che impone la lingua italiana. Secondo il verso di Ludovico Ariosto: “E molta feccia il ventre lor dispensa”.

Gadi Luzzatto Voghera

(6 marzo 2015)