Qui Milano – La lezione del rav Laras

j“Volevo scrivere qualcosa che riassumesse il mio interesse dominante, lo svilupparsi, il divenire del pensiero ebraico nel corso dei secoli”. Così rav Giuseppe Laras, presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, ha spiegato ieri sera al Teatro Franco Parenti di Milano da dove nasce il suo ultimo lavoro Ricordati dei giorni del mondo (EDB, 2014): un doppio volume che ripercorre la plurimillenaria storia del pensiero ebraico, tra riferimenti biblici, talmudici, alla filosofia ebraica, alla tradizione rabbinica, tratteggiando un affresco che porta fino alla modernità. “Non è un’opera definitiva. È un lavoro aperto che può modificarsi e proseguire nel tempo”, affermava rav Laras durante la presentazione al Parenti. Al suo fianco, per riflettere su significati e importanza dell’opera, rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, Riccardo Calimani, presidente del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, il biblista e teologo Luigi Nason. A fare gli onori di casa Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Parenti. A moderare l’incontro Vittorio Bendaud. “La lettura di questi libri può illuminare sulle difficoltà della vita contemporanea”, il commento del direttore De Bortoli, che in riferimento al lavoro di Laras parla di un sentiero colmo di interrogativi, legati all’ “intima e straziante contraddizione che vive all’interno dell’animo e della psiche degli ebrei”, come scrive il rav. Prende invece spunto dalla traduzione dei Settanta ordinata da Tolomeo, la riflessione di rav Alfonso Arbib, che ha sottolineato il merito di rav Laras nel raccontare il dialogo tra il pensiero ebraico e le culture altre ma con il primo mantenutosi comunque fedele alle proprie radici e tradizioni. Una maggiore presa di coscienza del ruolo della Bibbia nella tradizione occidentale da parte dell’Europa contemporanea è l’auspicio di Luigi Nason che, dal punto di vista cristiano, ha sottolineato l’esigenza di studiare e conoscere l’ebraismo. Ha sollevato invece un interrogativo diretto al rav, Riccardo Calimani: per Calimani in uno dei passaggi del libro, Laras sembra affermare che sono stati gli ebrei a costruire l’unità di Dio, a creare il monoteismo e quindi, in ultima istanza, a creare Dio. Il rav ha però spiegato la questione facendo riferimento ad Abramo, il quale arriva autonomamente a percepire l’unità di Dio, ricevendo poi da quest’ultimo una conferma. Non vi è una contraddizione tra la percezione autonoma dell’uomo dell’unità di Dio e la sua esistenza, non si tratta di una creazione ma di arrivare all’idea di Dio, che poi, nel caso di Abramo, decide di svelarsi.
Oltre ad essere un viaggio all’interno del pensiero ebraico, l’opera, ha spiegato rav Laras, costituisce un racconto delle sue esperienze personali, del suo rapporto con i propri maestri italiani e israeliani, a cui ha voluto dedicare un ringraziamento. Una commistione tra sapere ed emozioni, come il ricordo di Leon Ashkenazi, di cui Laras riporta alla luce un episodio personale. “Ashkenazi era un grande maestro, sapeva attirare i giovani attraverso il divertimento e poi portarli a studiare. Ricordo le lunghe partite a pallone che organizzava”, il racconto del rav, che richiama alla mente l’ironia di Ashkenazi. “Poco tempo prima che morisse, andai da lui per salutarlo e mentre mi stavo congedando mi fermò per dirmi: “devo proprio dirtelo, sei un grande rabbino ma come centravanti sei sempre stato una schiappa”.

d.r.

(10 marzo 2015)