Periscopio – Il discorso di Netanyahu
Molto è stato detto e scritto riguardo al discorso di Netanyahu al Congresso degli Stati Uniti, e al danno che esso avrebbe recato alle relazioni bilaterali tra America e Israele, per diversi motivi (l’ostacolo da esso rappresentato alle scelte di Obama per il raggiungimento di un accordo con l’Iran sul nucleare; l’inopportunità di una visita di stato, e dell’utilizzazione di una grande ribalta internazionale, a ridosso delle elezioni israeliane; l’impressione che il partito repubblicano giochi la carta d’Israele in funzione di lotta politica interna, in funzione antidemocratica, e che il premier d’Israele si presti a questo gioco, mettendo così a rischio l’appoggio bipartisan dell’America a Israele; l’inopportunità di una visita ufficiale non concordata con il Presidente ecc.). E le critiche al viaggio e al discorso del premier si sono rincorse in tutto il mondo, in una sorta di grande tam tam planetario: è stato un discorso elettorale, vuole mettere in difficoltà Obama, sfrutta la paura irrazionale dell’atomica a fini interni, vuole distrarre dalla questione palestinese, vuole preparare l’opinione pubblica interna e internazionale per la prossima guerra, contro l’Iran o contro altri ecc. ecc.
Non so quanto queste critiche siano fondate, e francamente non mi interessa. Dire quanto, nelle parole di un politico, ci sia di ambizione personale, e quanto di vera preoccupazione per il proprio Paese, è un discorso completamente privo di senso, perché ogni politico, soprattutto in un Paese democratico, per il solo fatto di fare quel mestiere, deve logicamente cercare e costruire il consenso popolare. Sarebbe ben strano se non lo facesse. Forse che Churchill e Roosevelt, nel dichiarare la guerra, non pensarono che quella scelta sarebbe stata apprezzata dai loro concittadini, nell’immediato e nel futuro? Non consolidarono forse, così facendo, il sostegno del popolo per le loro persone? Dobbiamo forse condannarli per questo?
Ciò non vuol dire, ovviamente, che ogni mossa di un politico, in quanto volta a creare consenso, sia quindi di per sé lecita. Non è bello sobillare le masse vero una guerra di conquista, per esempio. Non è bello sollecitare bassi istinti razzisti, nella prospettiva di guadagnare qualche voto. Ed è profondamente immorale, in particolare, manipolare l’opinione pubblica, fornendo ad essa informazioni false o deformate, utili a perseguire un determinato disegno politico. Quanto a questo problema della manipolazione – che è una delle accuse che più spesso sono state rivolte al premier israeliano -, va però ricordato che essa diventa tanto più difficile quanto più le notizie e i commenti siano diffusi in un Paese nel quale i mezzi d’informazione siano liberi, professionali ed efficaci. Fu facile, per Mussolini, convincere i nostri nonni che avremmo avuto facilmente ragione della perfida Albione, chi avrebbe potuto dire qualcosa in contrario? Ma sarebbe completamente impossibile fare qualcosa del genere al giorno d’oggi, nell’era di internet, e soprattutto farlo in Israele, il Paese che vanta forse la percentuale più alta al mondo di giornalisti e blogger di vario tipo, nel quale nessuno oserebbe mai neanche lontanamente pensare di portare il benché minimo condizionamento all’indipendenza dell’informazione, e nel quale ogni singolo cittadino, in pratica, è un privato opinionista, in grado di fare sentire la propria voce, libera e indipendente, in una cerchia più o meno ampia di amici e conoscenti. Prendersi gioco dell’opinione pubblica israeliana sarebbe un gioco davvero molto difficile.
Ma poi, c’è forse qualche segreto da scoprire, riguardo alle intenzioni dell’Iran? I loro progetti riguardo all'”entità sionista” sono gridati al vento, da anni e anni, ogni giorno, a ogni livello, da ogni pulpito possibile. Tutti sanno quali sono. E quel che fa quel Paese, a livello mondiale, sul piano dell’appoggio al terrorismo internazionale, è sotto gli occhi di tutti. Tutti lo sanno.
Mi piacerebbe immensamente che l’allarme per il rischio di un Iran nucleare sia solo frutto di una cinica manipolazione. Ma tutti sanno che non è così. Anche se nessuno, soprattutto ai tempi dell’ISIS, sembra disposto a interessarsi seriamente del problema. Dopo tutto, con l’Iran c’è anche un florido interscambio commerciale, come ha recentemente ricordato, a margine di una visita di stato a Teheran, il nostro Ministro degli Esteri. Dandoci, con la sua visita, le sue parole e i suoi silenzi, una grande delusione.
Francesco Lucrezi, storico
(11 marzo 2015)