Qui Torino – Un fermo No al terrorismo
Torino contro il terrorismo. Questo lo striscione appeso al balcone di Palazzo di Città, davanti al quale nella serata di ieri si è svolta una manifestazione di solidarietà fortemente voluta dal sindaco del capoluogo piemontese, Piero Fassino, nei confronti delle vittime dell’attentato di Tunisi. La piazza di fronte alla sede del Consiglio Comunale era gremita di persone, di bandiere, di fiaccole. Il primo pensiero va alle ventidue vittime, va ai quattro italiani che hanno perso la vita: alcuni erano dipendenti comunali della città. Attorno a Fassino tante autorità, a cominciare dal presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, sindaci dei comuni piemontesi e italiani, Consiglieri regionali, esponenti della comunità tunisina di Torino, membri dei sindacati. E con loro molti esponenti della Comunità ebraica, a cominciare dal rabbino capo di Torino Ariel Di Porto, dal presidente uscente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre che ha appena passato il testimone al nuovo presidente Dario Disegni e dalla Consigliera Alda Guastalla.
Proprio Disegni, rivolgendosi al sindaco di Torino e all’opinione pubblica italiana aveva nelle ore precedenti rivolto un chiaro appello. “La Comunità Ebraica di Torino – ha affermato il presidente – si stringe in un forte abbraccio le famiglie delle vittime del barbaro attentato di Tunisi ed è fraternamente vicina ai feriti, cui augura una pronta guarigione. La minaccia del terrorismo, che tocca ormai tutti, mira a distruggere ogni possibilità di civile convivenza tra i popoli e le fondamenta stesse della nostra democrazia. Dobbiamo perciò reagire tutti con la massima determinazione affinché le forze dell’oscurantismo non riescano a prevalere né a insinuarsi nelle nostre vite. La Comunità ebraica di Torino, in questa drammatica giornata di lutto per l’intera città e nella quale ricorre anche il terzo anniversario dell’orrenda strage alla Scuola ebraica di Tolosa, è e sarà sempre in prima fila in questa imprescindibile battaglia per la salvaguardia della democrazia, della libertà e della pace tra i popoli”.
Non era solo una folla, in piazza, ma una fiumana che è andata via via aumentando in un rigoroso e rispettoso silenzio. Determinazione, voglia di esserci, dimostrando di non aver paura. Umori, pensieri, anime diverse si sono fuse in una dimensione fortemente partecipativa.
La prima a prendere la parola è stata Edith Ravaux, console generale della Francia, ricordando come due mesi fa fosse stata Torino a scendere in piazza per essere solidale verso le vittime dell’attentato alla sede del giornale Charlie Hebdo e del sequestro al supermercato kosher. Oggi tocca alla Francia esprimere la propria solidarietà. “Temevamo potessero colpire di nuovo, ed è quello che hanno fatto: sono caduti dei cittadini del mondo”, afferma la Ravaux.
Segue poi l’intervento del portavoce della comunità tunisina di Torino, Fausi Haj Sassi, che sottolinea l’importanza di dimostrarsi forti e uniti contro il terrorismo e rinnova l’invito a continuare il dialogo per una società multiculturale, multietnica e multireligiosa.
Prende poi la parola Piero Fassino. Ringrazia i presenti per aver accolto il suo appello. Inizia il suo discorso dimostrando una calma apparente, legge il testo scritto che ha tra le mani. Poi il pensiero va alle vittime. “È stato versato un tributo di sangue altissimo, si tratta di una tragedia troppe volte conosciuta”, afferma. Il tono di voce si fa via via più deciso, il volume più alto come a voler coinvolgere metaforicamente l’intera città, va a braccio. Ricorda il terrorismo che ha colpito l’Italia e la stessa Torino negli anni Settanta, facendo però un importante distinguo: “ La barbarie di quegli anni colpiva i simboli del potere, come magistrati, poliziotti, giornalisti. Oggi invece abbiamo a che fare con un terrorismo che adotta una strategia diversa. Colpire ovunque, colpire chiunque.” “La lotta al terrorismo”, continua Fassino, “ è la priorità assoluta, è una responsabilità comune. C’era un periodo in cui delegavamo a qualcuno di produrre sicurezza che poi consumavamo, ma oggi dobbiamo essere tutti produttori per poterne essere consumatori. Quando il terrorismo colpisce rende qualsiasi parte del mondo insicura”. Infine sottolinea la valenza simbolica delle manifestazioni che si sono tenute a Tunisi subito dopo l’attacco terroristico. “Mi auguro”, conclude, “ che questo gesto induca in tutto il mondo arabo una reazione di non identificazione con il terrorismo. Solo manifestando ed esplicitando il dissenso si può indebolire la portata del terrorismo”.
Tra i presenti c’era anche il portavoce dell’Associazione Islamica delle Alpi, Brahim Baya, che ha sottolineato come il terrorismo non abbia né una nazione, né una religione e di come abbia colpito una democrazia giovane come quella tunisina, scintilla primordiale della Primavera Araba.
Il terrorismo colpisce chiunque senza distinzioni di nazionalità. C’è chi purtroppo ha dovuto aspettare di vedere scritto sui giornali “ prime vittime italiane” per rendersi conto della gravità della situazione, c’è qualcun altro che ancora non ci pensa e magari se ne accorgerà quando sarà lui stesso vittima designata. Ciò che dobbiamo fare non in quanto italiani, ma in quanto cittadini del mondo che vogliamo libero e non sotto la morsa del terrore, è di non dare le spalle alla realtà, di riconoscere e combattere il pericolo, facendo fronte comune.
Alice Fubini
(20 marzo 2015)