Israele – Bennett, l’alleato perplesso

Schermata 2015-03-27 alle 12.51.19Gli unici che ne parlano sono Naftali Bennett e i suoi uomini di HaBayt HaYehudì. Dicono di essere pronti a fare l’opposizione visto che Benjamin Netanyahu preferisce un governo di unità nazionale con i laburisti e il partito di centro di Hatnuah. Eppure questa opzione non sembra affatto sul tavolo. Perché Netanyahu dovrebbe decidere di formare un esecutivo con la coppia Isaac Herzog – Tzipi Livni, quando può tranquillamente costruirsi una maggioranza di destra? E infatti dal Likud smentiscono questa idea: lo ha fatto ieri Netanyahu, lo ha ribadito questa mattina Yarin Levin, membro della delegazione del premier che si occupa di discutere con HaBayt HaYehudì i punti dell’accordo per la creazione della coalizione di governo. Così lo spauracchio “governo d’unità nazionale” appare più come una mossa di Bennett per forzare la mano a Netanyahu, per ottenere il tanto desiderato ministero degli Esteri (o della Difesa, che sembra poco plausibile) e altre posizioni di rilievo all’interno dell’esecutivo. Questa sottolineatura non è piaciuta al leader di HaBayt HaYehudì, che ora temporeggia e si dimostra offeso nei confronti degli alleati che sembrano sottovalutarne l’importanza politica.
“Non ci hanno presentato nulla. Nulla”, ha dichiarato stizzito al sito di informazione Arutz 7 il membro della Knesset – nonché di HaBayt – HaYehudì Yinon Magal. Secondo Magal il Likud starebbe cercando di umiliare il suo partito e costringerlo a uscire dalla coalizione in modo da formare, in seconda battuta, un governo di unità nazionale con Isaac Herzog, leader dei laburisti. Fantapolitica? Forse. Ma il partito di Bennett vuole di più rispetto a quanto proposto dal Likud. Gli uomini di Netanyahu hanno però chiarito che sono loro a decidere, ad avere l’ultima parola, forti dei 30 seggi ottenuti alle elezioni del 17 marzo scorso, di cui alcuni mangiati proprio a Bennett grazie a una campagna elettorale fortemente connotata a destra.
Il secondo giorno di trattative dunque si rivela complicato come il primo per Netanyahu, che ieri ha dovuto fare i conti con la rabbia di Moshe Kahlon. Il leader di Kulanu non vuole spartire le posizioni di rilievo in ambito socio-economico con il partito religioso ashkenazita. Non puoi togliermi gli strumenti per lavorare, il concetto espresso da Kahlon che ha l’ambizioso progetto di ridurre il costo della vita in Israele e dare risposte sul problema abitativo, molto sentito dai cittadini israeliani.

(27 marzo 2015)