Periscopio – Israele, diritto e cultura

lucreziLa Corte Suprema, com’è noto, rappresenta, da sempre, il più alto simbolo della democrazia israeliana, il luogo ove tutte le innumerevoli dispute – intorno a grandi e minuscole questioni, di ogni tipo, dai diritti civili alla bioetica, dalla tutela delle minoranze alla sicurezza, dall’istruzione al welfare, dalla religione alla privacy, alle regole militari ecc. – trovano il loro spazio di pubblica discussione e di soluzione legale, al quale tutti, al di là di ogni appartenenza etnica, nazionale e religiosa, possono guardare con assoluta fiducia, sulla base di una diffusa persuasione riguardo alla facilità di accesso al giudizio, alla trasparenza delle decisioni, al rigore morale, l’imparzialità e l’alta professionalità dei giudici che la compongono. Investita, quotidianamente, da una mole imponente di ricorsi, la Corte riesce tuttavia a far fronte alle sue grandi responsabilità, spesso fornendo soluzioni avanzate e innovative, oggetto di studio e di emulazione in università e tribunali di tutto il mondo, e fornendo – in un Paese in continua fibrillazione – un raro esempio di stabilità istituzionale, efficienza ed equilibrio.
Non può non salutarsi con compiacimento, pertanto, la recente pubblicazione – a cura di Daniela Bifulco e Fulvio Cortese, per i tipi della Franco Angeli – dell’edizione italiana di un pregevole volume di Menachem Mautner, intitolato Diritto e cultura in Israele, specificamente dedicato al ruolo esercitato dalla Corte nella società israeliana. Un testo di ampio respiro storico e di grande spessore giuridico, ma anche di scorrevole lettura, ricco di aneddoti e particolari interessanti, gradevole e accattivante fin dalla copertina, che ci restituisce la buffa immagine di un paffuto signore di mezza età, ritratto su una spiaggia, in costume da bagno, a testa in giù e gambe all’aria, in un’ardita posizione di yoga: molto difficilmente, se non leggendo un’interna didascalia, si riconoscerebbe nel personaggio David Ben Gurion, i cui personali talenti evidentemente vanno ancora al di là di quelli già conosciuti.
Nel tracciare la storia della Corte Suprema, il libo ripercorre, da un’angolazione particolare, l’intera storia di Israele, dalla conquista dell’indipendenza alle prime ondate migratorie, dalle guerre del ’67, ’73 e ’82 alle controverse vicende diplomatiche degli anni ’90, fino ai difficili anni contemporanei, segnati dal contrastante quadro di un solido rafforzamento economico e un sensibile deterioramento della posizione di Israele nel mondo, sempre più nel mirino dei suoi nemici e sempre meno supportato dagli amici di un tempo: tutte vicende riflesse, in vario modo, dall’operato della Corte. Fuori da ogni intento agiografico e celebrativo, l’autore non nasconde i problemi e le difficoltà che, al giorno d’oggi, sembrano segnare il lavoro dei supremi giudici. Se, infatti, Israele può apparire tradizionalmente diviso tra uno schieramento laico, votato al rafforzamento dei principi del liberalismo di matrice occidentale, e uno religioso, imperniato invece sulla difesa dei valori della Torah, e sulla loro incidenza anche sulla vita civile, non ci sarebbe da stupirsi, nota l’autore, del fatto che la Corte, “che è l’istituzione pubblica che più è stata identificata con i valori liberali”, abbia “perso gran parte della propria legittimazione tra i sostenitori del secondo gruppo”. Ma invece “la circostanza più sorprendente è che, negli ultimi anni, il prestigio della Corte è calato anche all’interno del primo schieramento, che, viceversa, le aveva assicurato sostegno senza riserva alcuna”.
Per comprendere perché ciò sia accaduto (e anche se ciò sia davvero accaduto, e in che misura), sarà utile leggere le intense pagine di Mautner, oltre che l’illuminante postfazione di Bifulco e Cortese. Diciamo soltanto, in questa sede, che la Corte è l’istituzione che meglio di ogni altra ha rappresentato e rappresenta ancora, insieme, l’indissolubilità e la peculiarità del legame osmotico tra ebraismo e democrazia. Un legame che è ben più antico dei cosiddetti valori del liberalismo occidentale, in quanto affonda le sue radici nello spirito di libertà, autonomia e irriverenza di giudizio che pervade le discussioni rabbiniche raccolte nelle pagine del Talmud, il cui spirito antico e moderno aleggia, uguale e diverso, nelle sentenze della Suprema Corte, quasi sempre corredate – al pari dei dibattiti della Ghemarah – da una ‘dissenting opinion’, minoritaria e soccombente, ma degna di attenzione e rispetto al pari dell’opinione di maggioranza.

Francesco Lucrezi, storico

(1 aprile 2015)