Così lontani, così vicini
Fa effetto pensare che è passato più tempo da quando ho iniziato a insegnare ad oggi che dalla fine della seconda guerra mondiale a quando sono nata. Per la mia generazione la Shoah è vicinissima, e la nascita dello Stato di Israele ancora di più. Spesso ci ritroviamo a ragionare sul tempo che passa, sulla necessità di conservare la memoria quando i testimoni non ci saranno più; a volte ci sembra di non essere abbastanza capaci di prendere le distanze da eventi il cui ricordo, a detta di alcuni, occupa troppo spazio nella cultura ebraica di oggi. Ma le distanze, soprattutto nella storia ebraica, si misurano in secoli e millenni. Noi, che ci piaccia o no, saremo ricordati come i quasi contemporanei della Shoah e della nascita di Israele.
Ad ogni Pesach prima o poi viene fuori la discussione sul Rituale della Rimembranza: è giusto aggiungere all’Haggadah un testo nuovo in cui si ricorda la Shoah? Forse è semplicemente troppo presto; troppo presto per fare un’aggiunta che possa essere accettata da tutti, ma anche troppo presto per stabilire definitivamente che l’aggiunta non ci sarà mai. Chi è così vicino ai fatti, anche se non li ha vissuti personalmente, non può valutare come tali fatti saranno ricordati tra cento o mille anni e quale importanza sarà attribuita loro dalle generazioni future.
Pensando alle discussioni di oggi sul Rituale della Rimembranza si capisce perché nella Torah il precetto di raccontare ai figli dell’uscita dall’Egitto preceda cronologicamente l’uscita stessa: subito dopo sarebbe stato troppo tardi, o troppo presto; troppo tardi per evitare discussioni e polemiche che inevitabilmente non sarebbero mancate tra gli ebrei appena liberati (mi immagino qualcuno pronto a protestare per la nuova festa, che avrebbe rischiato di offuscare la memoria dei patriarchi); troppo presto perché gli ebrei potessero valutare correttamente l’importanza storica di ciò avevano vissuto.
Auguro a tutti un Pesach Kasher Ve Sameach!
Anna Segre, insegnante
(3 aprile 2015)