…libertà
Mi chiedo quale significato possa assumere in questi giorni il concetto di ‘Libertà’ su cui siamo chiamati a riflettere durante la lettura della Haggadah. Noi godiamo – qui in Italia – di un livello di libertà inimmaginabile anche solo pochi decenni fa. Possiamo muoverci liberamente in uno spazio geografico talmente grande che ci infastidisce la limitazione impostaci di recente dall’emergere di zone a rischio per la nostra incolumità personale. Possiamo mangiare a piacimento fino a sazietà e (molto spesso) oltre. Possiamo dire e scrivere quel che ci pare. Possiamo comunicare grazie alle nuove tecnologie praticamente a costo zero con qualsiasi angolo del globo. Tutto questo lo dobbiamo a chi ci ha preceduto, ma temo che siamo in grado di goderne anche sulle spalle della maggioranza degli esseri umani che non si sognano neppure lontanamente di poter godere delle nostre libertà. Ora, sebbene io non sia per niente convinto che la mancanza di libertà degli altri sia sempre e comunque responsabilità di chi invece quelle libertà ce le ha (il senso di colpa occidentale ha prodotto negli anni veri e propri orrori politici), è certo che in ogni caso bisogna attivarsi per estendere la nostra libertà a chi ne è privo. E si tratta veramente di libertà elementari, alle quali dobbiamo rivolgere il pensiero e se possibile l’azione. Quindi dicevo libertà di movimento, per tutti quegli umani cui è vietato spostarsi, da muri o barriere. Non possiamo permetterci, ad esempio, che da Gaza si possano muovere liberamente i missili, mentre uomini e donne non possano spostarsi e incontrarsi. Un vecchio kibbutznik qualche giorno fa ricordava con nostalgia di quando andava a mangiare il buon pesce al porto di Gaza, e la stessa nostalgia c’era nelle parole di un operaio arabo che lavorava ad Ashkelon. Operiamo per rompere quella barriera, per recuperare la vera libertà di movimento. Dicevo anche della libertà di mangiare a sazietà, e su questo facciamo veramente troppo poco anche a livello personale (pensiamo al cibo che gettiamo inutilmente). Sulla libertà di parola e di stampa ce ne sarebbe per tutti, ma per fortuna in questo le nuove tecnologie aiutano e anche dove è più dura la repressione si riesce sempre a far filtrare un tweet o un messaggio di Facebook. ‘Un tempo – ci dice la Haggadah – fummo schiavi del Faraone in Egitto e di là ci fece uscire l’Eterno, nostro Dio, con mano forte e braccio disteso. E se il Santo, benedetto Egli sia, non avesse fatto uscire i nostri padri dall’Egitto, ancora oggi noi, i nostri figli ed i figli dei nostri figli, saremmo sottomessi al Faraone in Egitto. Per questo, anche se fossimo tutti saggi, tutti intelligenti, tutti istruiti nella Torà, sarebbe comunque nostro dovere narrare dell’uscita dall’Egitto; e chi più si dilunga nel raccontare l’uscita dall’Egitto fa cosa lodevole’. Raccontiamo, quindi, con l’intento di contribuire a liberare chi non è libero.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(3 aprile 2015)