…Pesach
Pesach è finita e noi finalmente siamo tornati liberi. Per dirci la verità, tutta la verità, avremmo bisogno di un confessore, ma dobbiamo accontentarci di uno psicanalista, che però non costa poco e ti fa perdere un sacco di tempo inutile in lunghi silenzi pieni di significato. Forse la confessione pubblica è la via d’uscita più conveniente. Pesach è finita, finalmente. Perché Pesach è una liberazione per tutti, ma è un dovere che ci piace pensare al femminile. Per fortuna c’è in casa chi, una settimana prima dell’evento festoso, comincia a staccare, lavare e rimontare tende, a pulire ripiani, a svuotare cassetti, a traslocare stoviglie da una stanza all’altra, a riconvertire sgabuzzini in depositi di proprietà altrui dopo aver siglato debito contratto di vendita dal notaio di fiducia, a sacralizzare frigoriferi e congelatori, ad acquistare carrettate di alimentari di ogni tipo con timbri di casherut in bella evidenza (chissà se apposti all’ultimo momento?), a cucinare cene per venti persone. E tutto senza un lamento, senza una protesta pubblica o privata che ti faccia sentire un po’ meno in colpa, mentre tu, in quei giorni, sei sempre, stranamente, più occupato del solito con le tue ricerche, con il lavoro che ti prende in modo inusitato, con studenti a frotte che, proprio in quei giorni, ti cercano per chiederti una tesi, o con la sciatica che, proprio in quei giorni, ha ripreso a tormentarti in modo insopportabile riducendoti a pezzi, disteso disperato su un divano del salotto. Avessimo almeno un confessore! Non uno psicanalista, non uno psicologo, non un amico fidato, ma un confessore che ti sollevasse teologicamente dal senso di colpa e dall’ipocrisia. A Pesach, da anni ormai, non riesco a guardare Anna negli occhi, se non per chiederle tacitamente perdono. E chi mi parla euforico della bellezza delle pulizie pasquali, magari citandomi Sholem Aleichem, beh, gli invidio un po’ il fervore idealistico, ma penso che molti psicanalisti siano ingiustamente sottoccupati. Mi piacciono invece molto le letture simboliche di Pesach dei nostri rabbini sulla pulizia interiore, sul chametz da annullare dentro di noi. Se tutto si riducesse a questo sarebbe un po’ più impegnativo, ma molto più rilassante.
Dario Calimani, anglista
(14 aprile 2015)