Voci ebraiche per gli armeni

tiziana della roccaSono trascorsi esattamente 100 anni dal Metz Yeghérn, il Grande Male, termine con cui gli armeni nominano il loro genocidio iniziato il 24 aprile del 1915. Esce ora in Italia per ricordarlo un libro inedito “Pro Armenia. Voci ebraiche sul genocidio armeno” (ed Giuntina): è in corso la Prima guerra mondiale e quattro autorevoli ebrei parlano del massacro della popolazione armena. Quattro voci diverse legate tra loro dalla solidarietà, dalla vicinanza e da qualcosa di ben più forte, da un coinvolgimento emotivo che li investe come se vedessero nel massacro armeno un segno premonitore di quanto potrebbe accadere a loro in futuro.
E quando uno degli autori, Raphael Lemkin, descrive le persecuzioni che il popolo armeno ha subìto durante i secoli, sembra ricordare quelle subite dal popolo ebraico. Nelle funebri marce nel deserto degli armeni Lewis Einstein vede un Esodo rovesciato: quel deserto che agli ebrei donò la libertà dal giogo egizio, per gli armeni si tramutò in un luogo di morte.
In “Pro Armenia” ci si interroga sulle ragioni del massacro, con parole durissime contro i turchi, che brutalmente sottomisero popoli raffinati come greci, arabi, armeni, sfruttandone l’intelligenza e il lavoro; mentre da parte loro i turchi non produssero nulla, nulla inventarono, né diedero alcun contributo alla civiltà, non ne sentivano il bisogno, preferirono usurpare e espropriare. E così, quando l’impero stava per implodere, come potevano sopportare l’idea che la popolazione più evoluta e fiorente sfuggisse dalle loro grinfie per emanciparsi? Ecco allora che gli armeni sono accusati di allearsi con i russi per complottare contro l’impero, e distruggerlo, vanno eliminati prima che ciò accada. In verità dopo gli armeni i turchi non sazi avrebbero sterminato anche le altre popolazioni straniere da sempre odiate, trattate come bestiame da usare e sfruttare e che avrebbero potuto tornare libere se la Turchia crollava. La Germania era alleata della Turchia ed era a conoscenza dei piani di sterminio contro gli armeni; non fece nulla per impedirli e in seguito li imitò aggiungendo del suo.
Altro orrendo destino degli armeni in comune con l’ebraismo: subire l’oscenità della negazione. La Turchia ancora oggi nega il genocidio, un minaccioso Erdogan mette a tacere il papa, fa la parte della vittima, dell’offeso: come si può attribuire alla Turchia un delitto simile? Si può, e si deve, se si ha il coraggio di guardare in faccia la realtà e ammetterla. Negare il genocidio è uno dei tanti subdoli modi di continuarlo. Il negazionismo non è un’opinione ma un crimine; e criminale è anche sostenere che il negazionismo sia un’opinione.

Tiziana Della Rocca

(16 aprile 2015)