… Resistenza
Ogni anno, da un po’ di anni oramai, il 25 aprile è segnato dalle polemiche. Qualcuno non voleva riconoscerlo come festa della liberazione perché pensava che il fascismo fosse stato già, di per sé, la nostra liberazione. Qualcun altro pensava che si dovesse smetterla di ricordare la giornata, perché era un segno di divisione del popolo italiano. Altri ancora, per non fare distinzioni, avrebbero voluto festeggiare in quel giorno tutte le liberazioni, anche quelle dallo stalinismo e dallo schiavismo. Un bell’appiattimento generale non avrebbe fatto male a nessuno. Insomma, sono molteplici i modi di seppellire il passato e i suoi errori assieme ai suoi orrori. Tutta la polemica impostata sulla Brigata Ebraica dai filopalestinesi (e da qualche antisemita) di vari colori è solo una banale variante di questa strategia. Vi si aggiunge ora, sui social media, anche – e, direi, addirittura – una vuota polemica sul valore della Resistenza tout court. Perché la Resistenza fu un fatto minoritario, perché non ebbe un numero sufficiente di morti, perché fu un fenomeno ininfluente in relazione all’impegno e al numero di morti degli alleati, e via di questo passo. Ora, che la Resistenza, come ha evidenziato qualche storico recente, abbia contemplato anche soprusi, efferatezze e magari un sovradimensionamento propagandistico non è né novità né cosa che possa scandalizzare, non in senso assoluto, ma in senso relativo: il fascismo aveva fatto scuola eccezionale in fatto di violenza, soprusi, e nefandezze. Nessuno ha la bilancia per pesare le cause della Storia e i loro effetti. Se però qualcuno pensa, con le colpe di pochi o tanti resistenti, di giustificare la svalutazione della Resistenza o le responsabilità del fascismo, beh, la cosa mi sembra scandalosa e demagogica. Se devo scegliere fra Resistenza difettosa e fascismo riuscito, non ho dubbi da che parte stare. Alla Resistenza penso che non si possa che dedicare un grato ricordo, e a tutti i suoi morti, pochi o tanti, quell’onore che il fascismo ha sempre dedicato retoricamente alla neritudine dei repubblichini. Penso che, nei suoi limiti riconoscibili, la Resistenza abbia salvato in extremis l’onore di un paese che era stato acquiescente alla dittatura, alla soppressione delle libertà politiche e civili e all’antisemitismo razzista. Troppi non l’hanno fatto. Una colpa chiara, benché indiretta, la Resistenza ce l’ha, e questo non riesco a non riconoscerlo: ha salvato l’onore di tutti, impedendo al paese di fare un esame di coscienza onesto e approfondito sulle sue colpe, individuali e collettive, civili e politiche. Ma questo non lo si può imputare alla Resistenza, ma all’ipocrisia di chi ha preso in mano le sorti dell’Italia.
Dario Calimani, anglista
(21 aprile 2015)