Oltremare – Enzo Sereni
Con la sua costa verde smeraldo, “Il gioco dei Regni” di Clara Sereni (ed. Bur Rizzoli) spicca nella mia libreria molto piena di Sellerio, tutti piccoli e blu scuri. Non sono ancora molti i libri accumulati in questi anni, o anche se già in doppia fila mi paiono comunque pochi, io abituata a librerie fino al soffitto, in tutte le case di famiglia. Lui verdeggia, un po’ sgualcito come è giusto che sia, e lo conservo come un piccolo trofeo o una madeleine della parola scritta.
I Sereni non erano di famiglia. Beh, si fa presto a dire, con certi alberi genealogici intrecciati gli uni con gli altri fino a raggiungere tutt’Italia in un rampicare di generazioni con mille diversi cognomi. Diciamo che non mi risultano parenti Sereni, eppure Enzo Sereni era un nome che si pronunciava in casa con quel tipico affetto e rammarico insieme riservato a chi è morto troppo giovane – non l’unico, purtroppo.
E poi è il protagonista di una delle storielle che mio zio ama raccontare dei suoi anni israeliani, per spiegare il pragmatismo della nuova terra: erano in viaggio da Tel Aviv a Givat Brenner e ad un cambio di autobus il guidatore non si decideva a partire.
Enzo Sereni andò a chiedere la ragione e apparentemente non era arrivato il bigliettaio. Per tutta risposta lui si improvvisò bigliettaio, facendo pagare tutti i viaggiatori e sbloccando così l’autobus.
Ah, l’Israele dei fondatori, un luogo meraviglioso di iniziativa individuale, logica inattaccabile e orizzonte florido.
Certo poi c’erano anche l’idealismo, il dibattito continuato via lettere con il fratello Emilio che non fece l’aliyah e si arroccò nel comunismo puro e fedele alla dottrina di partito, e soprattutto l’esser pronti al sacrificio estremo. Di questo si è parlato molto, domenica sera alla Independence Hall, nella serata di celebrazione del 25 aprile dedicata a Enzo Sereni. Anche della Brigata Ebraica si è parlato molto. Fra i presenti c’era chi ha vissuto la Liberazione per mano proprio della Brigata Ebraica. Un distillato di storia viva, questo paese.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
(27 aprile 2015)