‎Piccolo schermo

zeviHo sempre ascoltato con diffidenza chi, con una punta di sussiego, si dichiara contro la televisione. Chi afferma di non possederne una. Chi effettivamente non dispone di un apparecchio dentro casa. Conosco parecchie persone che, al di là della posa, davvero non guardano mai il piccolo schermo, e non riesco a considerarle più profonde e interessanti, semmai le trovo inutilmente snob e tutto sommato egoiste.
La tv plasma l’opinione pubblica, la cultura diffusa e le coscienze delle persone più di qualunque altro strumento. Dove non arriva l’acqua potabile, spesso arriva il segnale. Come si fa a ignorare tutto questo? Non significa, in definitiva, ignorare il nostro prossimo? In più, negli ultimi anni la rivoluzione digitale, la pay-tv e il satellite hanno elevato la qualità dei programmi e dei palinsesti, costruendo ad esempio una “letteratura delle serie tv”, spesso più innovative e creative del cinema.
Ciò detto, ieri sera – da buon teledipendente – sono rimasto a casa. Ho fatto zapping tra due o tre talk show e sono entrato in crisi. Che depressione. Un rituale stanco e ripetitivo, uguale a se stesso. Ognuno interpreta la sua parte, tutto si trasforma in melassa: il volontario e il razzista, la vittima e il carnefice, chi urla e chi ragiona. Argomento preferito dal circo mediatico odierno: i Rom. E giù con stereotipi, pregiudizi, volgarità, ostentazioni di odio. Protagonista indiscusso: Matteo Salvini. Con un dibattito pubblico di questo livello, povera Italia, povera televisione, poveri noi.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter: @tobiazevi

(28 aprile 2015)