L’orologiaio della Storia

“La storia che Giacomo Todeschini pratica dagli anni ’70 è in realtà una storia del vocabolario: ‘Cerco di mostrare con pazienza, parola per parola, gli ingranaggi che producono il reale attraverso il linguaggio, di mettere insieme i piccoli pezzi che fanno funzionare il meccanismo della storia’. Rappresentarsi la storia come un’opera di artigianato non è originale; ma Giacomo Todeschini non è un artigiano qualunque, è un orologiaio”. Queste righe sono tratte da un lungo articolo a cura di Ètienne Anheim comparso oggi su Le Monde des Livres, l’inserto letterario settimanale del quotidiano francese Le Monde, che descrive la vita e le opere dello storico italiano Giacomo Todeschini, il cui saggio “Visibilmente crudeli” (2007, Il Mulino) è stato appena tradotto in francese col titolo di “Au pays des sans nom”, edito da Verdier. In questa occasione, vengono ripercorse minuziosamente la carriera e la visione della storia di Todeschini, il cui patrimonio culturale proviene come afferma lui stesso dalla tradizione “un po’ ebraica, un po’ marxista, un po’ tedesca”, e che tra l’altro è da sempre un affezionato amico e collaboratore della redazione di Pagine Ebraiche e del portale dell’ebraismo italiano, in particolare legato al direttore Guido Vitale.
L’opera dello storico è caratterizzata da un fecondo eclettismo di stimoli: “la filologia latina incrocia la lettura di Roland Barthes e soprattutto di Michel Foucault e della sua archeologia del sapere”, scrive Anheim. Sono gli studi di filologia quelli da cui parte Todeschini quando si iscrive all’Università di Bologna, dove grazie al suo maestro Ovidio Capitani viene iniziato al pensiero economico dei francescani della fine del Medioevo, quello di Bernardino da Siena e di Pietro di Giovanni Olivi, ai quali consacra i suoi primi lavori universitari. “Nell’atmosfera infiammata della capitale della sinistra intellettuale italiana, questa scelta potrebbe sorprendere”, sottolinea Anheim. Todeschini la spiega così: “Si trattava si raffreddare l’incandescenza politica attraverso il rigore della filologia. Trovavo troppo aggressivi il marxismo dei movimenti più radicali e non volevo scegliere un oggetto di ricerca impegnato, nel senso tradizionale del termine”. La sua riserva è dunque intellettuale, osserva l’autore dell’articolo, ancor più che politica: “contro quelle che chiama sempre ‘favole’, i racconti storici del marxismo, del cattolicesimo o dell’idealismo, vuole scrivere un’altra storia. Il suo agnosticismo diventa scientifico: non crede alle ideologie, alle nozioni generali e alle grandi forze che farebbero la storia. Vuole scoprire il cuore del linguaggio, ‘gli atomi che compongono i fatti storici’”.
Così per anni Giacomo Todeschini studia il lessico dei francescani “per mostrare l’intrico della teologia, dell’etica e dell’economia. Propone una nuova storia economica del Medioevo, nella quale i pensatori della povertà radicale sono anche i promotori delle nozioni di possesso o usufrutto, in quanto ‘la religione del cuore e quella dello scambio hanno molto a che fare l’una con l’altra”.
Da Bologna Todeschini si è poi spostato più volte, passando per la Scuola Normale Superiore di Pisa e dall’Istituto Croce di Napoli, ma non è mai rimasto fermo nemmeno quando si è stabilizzato all’Università di Trieste, dove insegna dal 1979. “Trieste è una città fuori dal mondo, bella e tranquilla, che trova la sua pace grazie al mare, un luogo meraviglioso per scrivere e riflettere – anche se bisogna lasciarla regolarmente per respirare”, ha detto della città giuliana, che infatti abbandona periodicamente per muoversi a tra Londra, Parigi e New York. Nel frattempo, nel proseguire i suoi studi lo storico allarga il suo approccio anche all’economia della Comunità ebraiche medievali, e tra le altre cose nel 1989 pubblica il volume “La ricchezza degli ebrei”. Ma è solo nei primi anni 2000 che sostiene essere arrivato “il tempo dei veri libri”, tra cui annovera le opere “I mercanti del tempio”, l’ultima uscita “Come Giuda. La gente comune e i giochi dell’economia all’inizio dell’età moderna” (2011, Il Mulino) e anche appunto “Visibilmente crudeli”. Il sottotitolo del saggio, “Malviventi, persone sospette e gente qualunque dal Medioevo all’età moderna” suona uguale in francese e in italiano, ma il titolo nella versione francese è stato invece tradotto con “Il paese dei senza nome”. Tali “senza nome” sono il modello dell’escluso tracciato dalla Chiesa, ma anche dalla società e dal mercato, “non soltanto per la gravità del loro peccato ma, soprattutto, per l’incompetenza etica ed economica che ne è la causa”, si legge su Le Monde des Livres. “In un mondo in preda alla crisi – continua l’articolo – la politica fa oggi ritorno verso Giacomo Todeschini. Si rallegra di incontrare giovani lettori, ma anche di dialogare con gli economisti, qualche volta con difficoltà. ‘Sono sempre sorpreso dalla ristrettezza dell’universo storico della grande maggioranza degli economisti e degli operatori della finanza. Credono di agire e di essere al centro del mondo e delle sue regole, ma sono le marionette di parole molto antiche’. Al contrario, vuole scrivere la lunga storia di quelle parole che producono inclusione o esclusione – la dignità, il credito, la buona fede, il debito – parole che sono le nostre perché sono state quelle degli uomini e delle donne del Medioevo”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(30 aprile 2015)