L’equilibrio tra rigore e compromesso
“Se apriamo la Torah e scorriamo la parasha di Vaerà troveremo un verso con un particolare piuttosto strano: parlando di Aron e Mosè, ci si riferisce a loro usando il pronome al singolare U, lui e non il plurale Em, loro. Un vero e proprio paradosso strutturale. Ma la domanda da chiederci a questo punto è: perché?”. Si apre con le parole di rav Roberto Della Rocca il consueto appuntamento che riunisce l’Italia ebraica a Milano Marittima e che vedrà diversi interventi sul tema del ‘compromesso: necessità o virtù?’.
Una scelta, quella di rav Della Rocca, affatto casuale: sono proprio Aron e Mosè l’emblema di un compromesso, se il primo è caratterizzato dal Cheret, la Generosità, l’altro lo è dal Din, il Rigore. “Ci dice Rashi che il pronome riferito ai due fratelli Aron e Mosè è al singolare perché essi si equivalgono come fossero una persona sola – spiega il rav Della Rocca – ed è proprio questo il simbolo rivoluzionario che porterà a una fratellanza ramificata, essi sono due fratelli con la stessa missione, che si muovono all’unisono”. Un atto di profondo cambiamento visti i precedenti: “Nella Torah – continua il rav – c’è un continuo tentativo di affratellarsi, eppure i rapporti tra fratelli sono sempre conflittuali e a volte violenti; penso al primo caso, quello di Caino e Abele. Stessa situazione critica poi anche per Giuseppe odiato ferocemente dai propri fratelli. Ma è proprio con Giuseppe che c’è un cambio di rotta: dopo averlo incontrato in Egitto infatti i fratelli cercano il suo perdono e si scusano tre volte e da qui deriva il modello del perdono di Kippur, giorno dell’espiazione, secondo il quale bisogna chiederlo tre volte e farlo con intensità. E dopo tutte queste turbolente vicissitudini il primo rapporto tra fratelli che funziona alla perfezione è proprio quello tra Aron e Mosè. Mosè ha un grande rispetto per il fratello maggiore che lo porta quasi a voler rinunciare al proprio ruolo in suo favore”.
Se ogni figura dell’ebraismo ha un valore fondante, quello di Mosè è appunto il rigore rispetto alla Legge mentre quello di Aron, più conciliante, è il compromesso: “La loro è una fratellanza bicefala in dialogo tra di loro, se Mosè aspira ad essere irreprensibile, Aron dice addirittura bugie per cercare di fare del bene, per portare la pace tra il popolo”. E la dialettica del compromesso arriva poi al suo caso esemplare con la storia di re Salomone che in una disputa tra due donne che sostenevano entrambe di essere madri di un bambino le pone di fronte alla inaccettabile soluzione di dividerlo in due, strategia che fa rivelare la vera madre. “La leadership, conclude rav Della Rocca si fonda proprio sul difficile equilibro tra compromesso e inflessibilità”. Un equilibrio precario che sarà al centro del dibattito per i prossimi tre giorni.
Rachel Silvera
(1 maggio 2015)