Rav Korsia: “Mai più il silenzio dei buoni”

Schermata 05-2457144 alle 10.35.33Le ferite di gennaio bruciano ancora. Eppure, nell’accogliere un ospite il Gran rabbino di Francia Haim Korsia a quel sorriso, allo sguardo sincero che accompagna il suo lavoro non vuole rinunciare. La responsabilità di essere a capo della più grande e della più difficile realtà ebraica d’Europa sembra non pesargli. Il tragico bilancio degli attacchi del terrorismo islamico alla redazione di un giornale e a civili indifesi che acquistavano il pane prima dello Shabbat si sente in modo straziante. Ma non è capace di spegnere la speranza, l’orgoglio di essere cittadini e artefici del proprio destino. La minaccia pressante di una società in ebollizione, dove si alternano segnali di speranza a pericoli gravissimi la conosce, ma ciò non sembra impedirgli di guardare avanti. “In queste settimane – commenta – si è molto parlato, e troppo spesso a sproposito. Ma per noi ebrei la regola è sempre la stessa. Non siamo fatti per le generalizzazioni, per la confusione. Siamo chiamati a distinguere. Ci piace vedere chiaro nelle cose”.

Eppure, Gran rabbino, sono in molti ad affermare che le lacerazioni che affliggono le società occidentali e l’Europa in particolare possono essere sanate solo attuando una decisa politica di amalgama, di integrazione.

L’ebraismo – ribatte – parla molto chiaro. Ti piace il latte? Ti piace la carne? Benissimo, puoi averli. Ma allora impara a distinguere, a separare. Non puoi godere della loro mescolanza, devi esercitare una capacità di discernimento.

Questo significa che in quanto ebrei siamo destinati a rimarcare con sempre maggior forza la nostra separazione dal resto della società?

Niente affatto. In quanto ebrei siano chiamati a dire che la vocazione dell’uomo è quella di assomigliare per quanto possibile al Creatore. Ognuno rappresenta il Suo volto. Ognuno ha pari dignità. Ognuno deve essere tutelato. La pari dignità di cui tutti, tutti gli esseri umani devono godere, si diffonde attraverso questa transitività. Con un’avvertenza, quella di sapere che tutti noi godiamo di pari dignità e ognuno di noi è unico. L’unità non è un dato di fatto, è da riconquistare, da ricomporre. Non è una sola persona il volto di D. Tutti insieme possiamo esserlo, se lo vogliamo.

Eppure quello che è avvenuto, le stragi dei fautori dell’odio, sembrano inquinare i peggiori incubi del l’Europa.

Fa bene a chiedere dell’Europa. La Francia ha certo problemi specifici, ma anche specifiche opportunità. Cominciamo con il dire che il problema riguarda tutta l’Europa nel suo complesso. Che la domanda è in quale Europa vogliamo vivere. Che quello che è avvenuto sarebbe purtroppo potuto avvenire anche altrove in Europa e non necessariamente con la stessa reazione sana, forte, impetuosa della popolazione.

Gran rabbino, lei fa riferimento alle grandi manifestazioni che hanno portato in piazza milioni di francesi per opporsi alla violenza e all’intolleranza. Si è trattato secondo lei di una svolta storica nella maturazione della società, o solo di una reazione destinata a essere presto dimenticata?

Si è trattato di un momento straordinario, di un fatto storico di grande vigore. Di qualcosa che nessuno nel Dopoguerra aveva mai conosciuto. Sono stato a lungo rabbino capo delle Forze armate francesi. Sono abituato ad apparire in pubblico. È una vita che mi sento addosso lo sguardo dei passanti. Vedono che sono ebreo, ho il capo coperto e non me ne vergogno e so che loro vedono, mi chiedo cosa pensano. Ma quando ho attraversato quell’oceano di gente, fra quei quattro milioni di francesi che sono scesi in piazza, per la prima volta ho sentito che lo sguardo della gente non pesava, che contavano gli ideali di libertà e di cittadinanza a noi comuni. A gran ragione è stato detto in quei giorni che non c’è Francia senza gli ebrei francesi. Forse anche voi Oltralpe potreste pensarla allo stesso modo.

Lei ha usato parole molto nette e forse non da tutti condivise per dire che la strage nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo non ha rappresentato solo un mostruoso attacco alla dignità della vita umana, ma prima ancora un attacco ai cardini della democrazia e che in quanto tale questo attacco costituisce una minaccia antiebraica.

Ho voluto essere molto chiaro. Noi ebrei abbiamo urgenza, abbiamo bisogno di vivere in una società de- mocratica e progredita. La libertà di espressione, di stampa, anche di satira rappresenta un cardine irrinunciabile di questa società che è la nostra. Non c’è bisogno di negare la libertà d’espressione per puntellare la logica mostruosa delle forze dell’odio. Basta anche solo metterla in dubbio. Chi dice “la libertà d’espressione, ma…” deve sa pere che quel “ma” non è solo sbagliato, non è solo velenoso, ma è anche colpevole. Tutto quello che è un valore non merita il nostro “ma”. E ogni nostro cedimento, ogni nostra ipocrisia non sarà perdonata.

Lei ora parla da cittadino o da Gran rabbino?

Vede, caro amico, qui le cose sono molto chiare. Legga sopra la porta delle istituzioni centrali dell’ebraismo francese. C’è scritto “Religione e Patria”.
Là dove non costituisce reato per la legge francese la stampa satirica qui è lecita e appartiene a una tradizione laica plurisecolare di grande valore. Possiamo non comprarla in edicola, siamo liberi di non leggerla, se non ci aggrada. Ma per noi resta un valore, non possiamo opporre un “ma”. Non sono io a dirlo, è la Torah. L’episodio degli esploratori mandati in avanscoperta per prendere conoscenza della Terra di Israele è ben chiaro. Sembravano i più credibili, i più saggi, e per meglio disseminare il loro veleno, per sminuire il reale valore di Israele hanno condito il loro rapporto di molte lodi, poi a un certo punto è arrivato il loro “ma”. Quel “ma” ipocrita uccide. E tutti sappiamo quel “ma” quanto ha pesato sul destino ebraico.

In definitiva, quale lezione possiamo trarre dai fatti di Parigi?

Dobbiamo sapere che nelle nostre società c’è chi vuole l’odio e la violenza.
Dopo il massacro di Tolosa molti hanno voluto parlare di un “lupo solitario”. Adesso è ben chiaro a tutti che i lupi non sono solitari. Ed è ben chiaro a tutti che là dove si annida la violenza sono gli ebrei a essere presi per primi di mira. Ma è anche chiaro che i signori dell’odio non vinceranno, perché il loro attacco è un attacco al bene di tutti. È proprio così, a volte i paranoici hanno un nemico per davvero e questi nemico è la società civile. E infine è chiaro che il problema non sono le malefatte dei cattivi. Il problema è, ed è sempre stato, il silenzio dei buoni. È quel silenzio che dobbiamo scongiurare.

Si è molto discusso dell’invito del Primo ministro israeliano agli ebrei francesi di lasciare il proprio paese. A suo avviso era giustificato? Ed è vero che stiamo assistendo a un esodo significativo?

Certo che è vero. La mobilità dei cittadini francesi, e credo più in generale europei, è molto elevata. E certo che Israele rappresenta un’opportunità meravigliosa. Ma per cortesia facciamo piazza pulita dalla propaganda e dalla strumentalità. È ben evidente che la vocazione dello Stato di Israele resta quella di accogliere tutti gli ebrei che intendano trasferirsi lì. Diciamo però le cose come stanno. Perché i giornali non raccontano mai le storie dei giovani francesi, ebrei e non ebrei, e magari anche dei giovani italiani, che lasciano la patria per andare a Londra, o a Berlino, o negli Stati Uniti? Diciamolo chiaro: le nuove generazioni vogliono pensare in termini globali e vanno dove trovano le migliori opportunità di studio e di lavoro. Vanno dove vedono un futuro. Noi abbiamo la responsabilità di far vedere loro un futuro nel nostro paese. E soprattutto abbiamo il dovere di tutelare le loro scelte in modo che siano sempre scelte consapevoli e libere, mai azioni dettate dalla paura e dalla costrizione. Ci sono molti francesi che vanno stabilirsi altrove, altri che vengono a stabilirsi in Francia. E ci sono molti francesi in Israele che proprio lì riscoprono l’orgoglio di essere francesi. È una storia interessante da raccontare, a condizione di raccontarla tutta e di raccontarla onestamente.

Lei è appena uscito da un vertice dell’Unione degli industriali francesi dove ha tenuto un intervento basato sulla pagina 31 del trattato Shabbat del Talmud. Ma si dibatteva di politica economica e delle grandi scelte di fondo che segnano il futuro delle nostre società. Cosa vogliono sapere le forze sociali di una democrazia avanzata da un rabbino?

In questi giorni si discute di un dilemma molto interessante. In Francia sono attivi tre operatori di telefonia mobile. C’è la forte richiesta di aprire il mercato a un quarto operatore. Chi è favorevole sostiene che questo si tradurrà in un vantaggio per gli utenti e in una riduzione delle tariffe determinata dall’intensificarsi della concorrenza. Chi è contrario afferma che una rincorsa feroce delle tariffe porterà a disinvestire sull’avanzamento tecnologico, con effetti disastrosi a lunga scadenza sul sistema paese. Un rabbino deve dire che cosa insegna la Tradizione ebraica a questo proposito.

E cosa insegna?

Insegna che tutti i valori in gioco, il libero mercato, la tutela del consumatore, gli investimenti sulla qualità, sono valori reali e meritano di essere tutelati. Non siamo chiamati a sceglierne uno cancellando gli altri. Siamo chiamati a trovare il migliore equilibrio possibile per costruire un futuro migliore.

Guido Vitale

(Ospite illustre al Moked di Milano Marittima, la convention primaverile dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rav Haïm Korsia è nato nel 1963 a Lione, da genitori di origine algerina. Ha conseguito il titolo di rabbino al Collegio Rabbinico di Francia, e dal 1988 al 2001 è stato rabbino di Reims, dove ha anche conseguito un Master of Business Administration. Dal 1987 al 2008 il rav è stato consigliere dell’allora Gran Rabbino di Francia Joseph Sitruk, e poi del suo successore Gilles Bernheim fino al 2013. La vita e la figura di un altro Gran Rabbino di Francia, rav Jacob Kaplan (in carica dal 1955 al 1980), sono state oggetto delle ricerche del dottorato da lui conseguito in storia, oltre che dell’opera biografica Être Juif et Français: Jacob Kaplan, le Rabbin de la République (Éditions Privé) pubblicata nel 2006. Haim Korsia è stato eletto Gran Rabbino di Francia nel 2014, in seguito alle dimissioni di rav Bernheim, battendo con una maggioranza di 131 voti contro 97 l’avversario Olivier Kaufmann al ballottaggio. Oltre che Gran Rabbino di Francia, rav Korsia è anche rabbino generale delle Forze armate francesi.)

(Pagine Ebraiche – Maggio 20215)