Moked 5775 – Tra necessità e virtù

Moked plenaria Tema al centro del Mokèd di Milano Marittima, il fenomeno del compromesso può essere analizzato sotto i più diversi punti di vista. Una panoramica che ha descritto questa complessità è stata offerta nel corso dell’incontro “Compromesso: necessità o virtù”, introdotto e moderato dal rav Roberto Della Rocca. Possibili risposte all’interrogativo sono state date attraverso gli interventi di esperti di diversi settori, dall’istruzione con il rav Carucci Viterbi, preside delle medie e del liceo della scuola della Comunità ebraica di Roma, alla filosofia con la professoressa Donatella Di Cesare, dalla leadership con Daniel Segre, all’ambientalismo con lo psicanalista e rappresentante dell’associazione Beautiful Israel in Italia Alberto Sonnino.
Del compromesso la scuola ebraica costituisce un caso esemplare, ha messo in luce il rav Carucci, la cui analisi ha toccato molti livelli. Il ruolo della scuola stessa come luogo di incontro delle diverse anime di una Comunità ebraica composita come quella romana, le scelte educative che hanno inevitabilmente anche un indirizzo identitario, il rapporto tra studente e insegnante, ma anche lo studio stesso, in cui l’interpretazione che sta alla base dell’ebraismo costituisce una dialettica tra ciò che il testo vuole comunicare e ciò che vi legge il lettore – in ognuno di tali campi sono necessarie una mediazione e una collaborazione insita nel significato stesso della parola compromesso. “Per la sua etimologia – ha sottolineato il rav – il termine ‘compromesso’ evoca contemporaneamente una relazione e una prospettiva rivolta al futuro, e si tratta dunque di un impegno reciproco, una promessa, che guarda in avanti, da cui entrambe le parti escono sempre vincenti”.
L’esito positivo per entrambe le parti coinvolte nel compromesso è stato messo in luce anche da Segre, che ha analizzato il fenomeno dal punto di vista pratico del suo lavoro di coaching per manager che svolge in Israele e in Italia. “Nella genesi dei conflitti vi sono sempre molti aspetti incomprensibili, e spesso non è evidente cogliere le motivazioni che stanno alla base dell’opinione altrui. Per andare oltre – ha detto – è fondamentale avere la capacità di ascoltare chi vede la realtà in una forma diversa e comprenderla, al fine di ottenere reciproca fiducia, scambiarsi informazioni e riuscire a far capire agli altri che la convivenza anche con due opinioni diverse è possibile”.
Ma nella società odierna, quella dei social media all’interno della quale è possibile a tutti esporsi e comunicare le proprie opinioni in maniera continua, qual è dunque il ruolo dell’intellettuale? Questo l’interrogativo posto da Donatella Di Cesare, ordinario di filosofia teoretica all’Università La Sapienza di Roma. L’intellettuale, è stato detto, si trova attualmente in una situazione di disagio, in cui deve giungere a un compromesso e scegliere fra il tentativo di trovare il suo posto all’interno di una società in cui ad emergere sono personaggi del mondo dello spettacolo che propongono leggerezza e spensieratezza – ruolo quest’ultimo opposto a quello dell’intellettuale, il cui compito invece è il pensiero critico. Inoltre, Di Cesare ha posto enfasi sul compromesso dell’intellettuale ebreo: “Il suo compito è quello di parlare a proprio nome ma rivolgersi alla sfera pubblica dando voce alla polifonia tipica delle comunità ebraiche, senza tuttavia riprodurne i luoghi comuni”.
Quello del compromesso è infine un tema che tocca anche chi si occupa di ambientalismo. Lo psicologo Alberto Sonnino ha sottolineato come la vita inizi sulla base di un compromesso inteso come la “necessità di rinunciare a qualcosa o di accettare dei limiti, la cui accettazione significa essere ripagati dalla conquista della maturità, delle capacità adulte e di adattamento sano alla realtà e alla possibilità di condivisione e convivenza”. Quando il comportamento non tiene tuttavia conto del potenziale distruttivo che può essere implicito in esso, come per esempio avviene quando si danneggia, inquina o altera l’ambiente che accoglie l’uomo e gli permette di vivere, l’uomo è paragonabile proprio a un bambino piccolo, “condizionato da quei sentimenti di onnipotenza che non gli consentono di operare in modo adulto e responsabile affinché ciò che gli è necessario sia preservato adeguatamente”.
Al termine di tali relazioni sono poi seguiti numerosi interventi dal pubblico, moderati dal rav Della Rocca, che hanno permesso di andare ancora più a fondo dell’argomento, che verrà ulteriormente analizzato nel pomeriggio nel corso di workshop specifici tenuti dai quattro relatori.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(1 maggio 2015)