domande…

“Non coverai nel tuo cuore odio contro tuo fratello; rimprovera apertamente (Ocheach Tochiach) il tuo prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui” (Levitico 19, 17).

Un giorno Rabbi Moshe Aaron Schtern passeggiava di Shabbath con Rabbi Eliahu Lupian. Lungo la strada notarono le automobili nonostante il giorno di festa. Rabbi Eliahu Lupian disse: “Misericordia su di loro, non c’è chi sia in grado di insegnare loro la gravità del divieto, ma come posso vedere mio fratello che viaggia in auto di Shabbath?”. Gli rispose Rabbi Moshe Aaron che era meglio affrettarsi nel percorrere la strada. Nel frattempo un taxi si avvicinò al marciapiede e si accosto davanti a loro, l’autista domandò a Rabbi Eliahu come sia arrivasse in una certa strada… Rabbi Eliahu scoppiò in lacrime e disse: “Come posso dirti di fare una cosa proibita di Shabbath, e d’altra parte come posso non rispondere a una richiesta?”… L’autista spense il motore e scese dalla macchina e disse: “Rabbi, non ho mai provato un sentimento di questo genere, vedo che ti sta veramente a cuore la mia situazione”. L’autista parcheggiò il taxi e non lo riutilizzò più. Quando i due maestri entrarono in Yeshivah, insegnarono agli studenti che la Mitzvah di Tochachah (l’azione di spingere il prossimo a ritornare verso D-o) va fatta solo con amore.

Un Talmid Chacham chiese al Rabbenu Chazon Isch: “Un ebreo non religioso che abita vicino a me lavora in pubblico e in modo palese nel suo giardino di Shabbath, devo rimproverarlo?”.
Rispose il Chazon Isch: “Non sei tenuto a rimproverarlo”.
Il Talmid domandò: “E la Mitzvah di Ocheach Tochiach (l’azione di ammonire il prossimo)?”

Rispose il Chazon Isch: “Un ebreo che trasgredisce Shabbath in modo evidente in pubblico, con buone probabilità non è nemmeno disposto ad accettare il tuo rimprovero, inoltre è molto probabile che qualcuno lo abbia già rimproverato prima di te ed egli non abbia accettato il rimprovero, per questo motivo non sei tenuto a rimproverarlo”.

Il Talmid domandò: “Ma in questo caso siamo difronte al dubbio di venir meno ad una Mitzvah MiDeOraita?”
Rispose il Chazon Isch: “Così come è Mitzvah dire una cosa che verrà ascoltata, così anche è Mitzvah non dire una cosa che non verrà ascoltata”.

Il Talmid domandò: “Anche ammettendo che non ci sia l’obbligo di Tochachah, possiamo però sostenere che si sia tenuti a risvegliare nel prossimo la Teshuvah (Il fare ammenda) in ogni caso?”
Rispose il Chazon Isch: “Per due ragioni in questi casi non si è tenuto a dire una cosa che non verrà ascoltata: prima per via del fatto che è scritto: “chi corregge il beffardo se ne attira il disprezzo, chi rimprovera l’empio se ne attira l’insulto”; secondo perché qualsiasi rimproverò o insegnamento tu rivolga a lui, questo lo spingerà ad essere più determinato e quindi colpevole, e non è il caso di causare tutto questo”.

“Non odierai tuo fratello in cuor tuo”: Il Midrash si chiede: è possibile intendere il verso nel senso di “non maledirlo” a parole, o di “non colpirlo” con i fatti? Il testo precisa “nel tuo cuore” per insegnarti che è proibito “odiare” con il cuore ancora prima che con le parole e le azioni (Sifrah, Torath Cohanim).

La Gemarah in Arachin 16b, cita un Baraita che deduce dal versetto in questione che se la persona che riceve il rimprovero sarà imbarazzata dal rimprovero, non bisogna rimproverarlo. In secondo luogo, la stessa Beraita cita Rabbi Tarfon che si chiede se ci sono persone della sua generazione che sono in grado di ricevere rimprovero. Rabbi Elazar ben Azaria si chiede se ci sono persone della sua generazione che sono qualificati a rimproverare: “rimprovera il tuo prossimo”: Disse Rabbi Tarfon: c’è forse nella nostra generazione qualcuno in grado di rimproverare il suo prossimo? Non c’è chi è senza peccati che possa rimproverare il prossimo. Disse Rabbi Elazar ben Azaria: c’è forse nella nostra generazione chi è in grado (degno) di ricevere un rimprovero? Così come è bene dire una cosa che verrà ascoltata, è bene astenersi dal dire cose che non verranno ascoltate. Disse Rabbi Akiva: c’è forse nella nostra generazione chi è in grado di rimproverare il suo prossimo senza sbiancarne il volto?

Hanno insegnato i Rabbini: da dove si impara che colui che vede qualcosa di sbagliato nel suo prossimo è tenuto a rimproverarlo? Come è detto: “Ocheach” (“rimprovera”). E se lo si rimprovera ma egli non accetta l’insegnamento? Lo si rimprovera ancora. Da dove si impara? Come è scritto: “Tochiach” (“rimprovererai”). In ogni modo, fino a quanto è lecito rimproverare il prossimo? Rav ha detto: fino a che il rimproverato non colpisce colui che lo rimprovera. Shemuel ha detto: fimo a che non lo maledice. Rabbi Yochanan ha detto: fino a che non lo contraddice. (Arachin 16b)

Dissero a Rava: forse che si può imparare dal versetto che la parola “Ocheach” significa un rimprovero e che la parola “Tochiach” significa due rimproveri al massimo? Rispose Rava: la parola “Ocheach” è al presente e la parola “Tochiach” è al futuro, da ciò si può dedurre che si può rimproverare anche fino a mille volte, cioè fino a che l’insegnamento non venga accettato.

Un altra cosa: un maestro è tenuto a rimproverare l’allievo. Ma da dove si impara che un allievo è tenuto a rimproverare il maestro con rispetto? Il verso dice: “Ocheach Tochiach” (“rimprovera, rimprovererai”), lo si deduce dalla ripetizione. (Baba Metzia 31 a)

Si potrebbe dire che: se si è certi di non causare odio, si rimproveri il prossimo; altrimenti non lo si rimproveri, per timore di provocare odio. Il verso dice: “Ocheach Tochiach et Amitecha” (“rimprovera rimprovererai con il tuo prossimo”). “Et Amitecha” (“con il tuo prossimo”), non sospettare di causare odio in una persona, se quest’ultima è osservante e lontana dal male. “Et Amitecha”, cioè “il tuo prossimo che è con te” nell’osservanza delle Mitzvoth. Solo coloro che osservano le Mitzvoth sei tenuto a rimproverare, e non rimproverare il malvagio che potrebbe odiarti, come è detto: “chi corregge il beffardo se ne attira il disprezzo, chi rimprovera l’empio se ne attira l’insulto” (Mishleh 9, 7). (Seder Eliahu Rabba 18)

Chiunque farà arrossire suo fratello, arrossirà anche lui quando verrà respinto dalla dimora del Signore. Chiunque umilia il prossimo in pubblico e lo fa impallidire, ne versa il sangue (Baba Metzia 58 b). Giudica il tuo prossimo favorevolmente, mettendoti nei suoi panni (Pirkè Avoth, I,6 ; IV,9). Sarà misurato con la misura di cui l’uomo si serve (Sotah, 5, 7). Togli questo fuscello dal tuo occhio; ed anche tu, togli la trave del tuo occhio (Babà Batrà XV,b). Se si dice ad un altro: togli il fuscello che è nel tuo occhio, si riceverà come risposta: togli la trave che e’ nel tuo” (Arakhin 16). Perdona al prossimo le sue colpe quando preghi e ti saranno rimessi i tuoi peccati. Non lasciarci commettere peccati o ingiustizie, non indurci in tentazione (Berachot 60 b). Perdonate e D-o vi perdonerà (Rosh Hashanah 17 a).
Se tuo fratello commette una colpa riguardante i precetti verso D-o [trasgredisce Shabbath in pubblico volontariamente], vai e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni, presso il Beth Din. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano (si veda Rambam, Lechem Mishneh, Deot 6, 5; si veda anche Dine Israel SheChatah riguardo a colui che esce dal Klal Achicha).

La Gemarah in Yevamot 65b, afferma che così come vi è la Mitzvah di rimproverare a condizione che verrà accettata, vi è anche la Mitzvah di astenersi dal rimproverare in una situazione in cui gli insegnamenti non saranno accettati.
La Gemarah in Shabbat 34a, afferma che tutte le spiegazioni e i rimproveri dati al prossimo, devono essere fatti in modo pacifico in modo che ascoltano. Rabbi Eliezer ben Shmuel di Metz afferma che tale principio si applica a tutte le forme di tochachah. Si dovrebbe offrire solo il rimprovero in modo pacifico, per scoraggiare la trasgressione.

La Gemarah, in Arachin16b, registra una discussione tra gli Amoraim circa l’entità del proprio obbligo di rimproverare il proprio prossimo. Tutti i pareri concordano sul fatto che si deve continuamente rimproverare il trasgressore. Tuttavia discutono su quando sia opportuno cessare di rimproverare il prossimo nel caso in cui il trasgressore non accetti l’insegnamento e sia pronto a colpire, o a maledire, o a smentire colui che lo sta rimproverando.

I Rishonim si domandano: dal momento che il trasgressore non ascolta il rimprovero, sussiste ancora il dovere di rimproverarlo? La Mitzvah del rimprovero ha un limite?

In primo luogo, Rabbi Yosef Ibn Chabib (14 secolo), Nemukei Yosef, Yevamot 21b, distingue tra il caso di un individuo, dove sussiste la Mitzvah del rimprovero continuo, e il caso del pubblico, dove non si deve rimproverare continuamente se il messaggio non è ascoltato.
In secondo luogo, Rabbi Menachem Meiri (1249-1306), Beit HaBechirah, Yevamot 65b, suggerisce che la Mitzvah di Tochachah si applica solo a qualcuno che potenzialmente accetterebbe il rimprovero. Se è noto che la persona non accetterebbe il rimprovero, non vi è alcuna Mitzvah di Tochachah.

Shitta Mekubetzet, Baba Metzia 31, è della stessa opinione e spiega che si deve valutare se il trasgressore può essere disposto ad accettare rimprovero. Pertanto, nel caso in cui il trasgressore si spazientisce, è evidente che egli non è disposto ad accettare il rimprovero e non vi è alcun obbligo di continuare a rimproverarlo.

In terzo luogo, il Sefer HaChinuch, n. 239, scrive che al momento di decidere se si deve rimproverare un altra persona o meno, si deve valutare l’impatto che il rimprovero avrà sul trasgressore, nonché l’impatto che avrà su colui che rimprovera. Se il trasgressore non accetta il rimprovero o colui che rimprovera sarà imbarazzato dalla situazione, non vi è alcun obbligo di rimprovero.

Il Ramah, in Orach Chaim 608:1, riporta il parere del Nimmukei Yosef e stabilisce che si deve rimproverare un individuo continuamente.

Shneur Zalman di Liadi (1742-1815), Shulchan Aruch Harav, Orach Chaim 608:5, sembra avere una versione diversa del Nimmukei Yosef (che indica, invece di “beRabim”, “leRabim”) e precisa che la distinzione si ha tra uno spazio privato e di uno spazio pubblico: se uno si trova in un’area pubblica, non deve rimproverare continuamente un altro individuo, perché questo modo di fare è controproducente. Tuttavia, in privato, si dovrebbe continuare rimprovero senza far vergognare il trasgressore, parlando con amore verso il prossimo.
Rabbi Shimshon Raffael Hirsch precisa che “Ocheach Tochiach” può essere fatto in modo diretto (rimproverando apertamente) e in modo indiretto (attraverso l’esempio) verso il tuo prossimo. Inoltre precisa che la parola “Amitecha” significa che nel caso rimproverassimo il prossimo, dobbiamo farlo facendolo comunque sentire come un fratello.

È meglio non rimproverare colui che non sa di sbagliare, se si ha il sospetto che non accetterà l’insegnamento, perché è meglio colui che sbaglia senza volere, piuttosto di colui che sbaglia sapendo di sbagliare. Questo si applica nei casi in cui coloro che trasgrediscono la Torah sono pochi, ma nel caso siano molti a trasgredire la Torah inconsapevolmente è necessario rimproverarli in ogni caso.

Da qui si deducono tre cose generali: primo che colui che rimprovera sia senza peccato; seconda cosa che colui che riceve il rimprovero sia disposto ad accettarlo e che entrambi siamo sapienti di Torah e di uguale preparazione; e terzo che il modo di rimproverare non sia in pubblico e non faccia vergognare in nessun nodo, come è scritto: “VeLoh Tissah Alav Cheth”, “non gli dovrai attribuire una colpa”, “non ti caricherai d’un peccato per lui” (Malbim, Torah VeHaMitzvah 43).

Ci sono casi in cui un individuo vede un altro individuo commettere una trasgressione, ma il trasgressore non è a conoscenza della trasgressione. La Mitzvah di Tochachah in questi casi richiede di informare subito il trasgressore della trasgressione?

Ci sono discussioni importanti già nel Talmud in merito alla questione:
In primo luogo, la Gemarah in Beitzah 30a, afferma che in certe situazioni, è preferibile non informare la comunità circa un divieto che la gente non seguirà; meglio che trasgrediscano il divieto involontariamente piuttosto che intenzionalmente.

Secondo il Ramah questo vale solo per il pubblico. Tuttavia, si dovrebbe informare un individuo di una trasgressione, anche se vi è il timore che non ascolti.

La Mishna Berurah, Beiur Halacha 608:1, spiega che la Mitzvah di Tochachah richiede che si informi il trasgressore della sua trasgressione. Ma precisa che non si deve informare il pubblico sapendo che non si verrà ascoltati.

Rabbi Eliezer di Metz, precisa il motivo per il quale è bene non informare il pubblico di una trasgressione, quando vi è timore di non essere ascoltati: in questi casi non vi è alcun obbligo di Tochachah, essendo in una situazione in cui il rimprovero non sarà accettato. Precisa inoltre che in questi casi non vi è alcuna distinzione tra un individuo e la comunità.

Inoltre, non vi è alcuna Mitzvah del Tochachah quando il trasgressore non è a conoscenza della violazione.

Secondo questa opinione quindi, il principio di non informare il trasgressore quando abbiamo il sospetto che non è disposto ad ascoltare, è basata su considerazioni di ordine pratico.

In secondo luogo, i Rishonim si domandano se la Mitzvah di Tochachah (nel caso il trasgressore sia disposto ad ascoltare il rimprovero) si debba fare sul momento o successivamente a seconda che la situazione metta in imbarazzo il trasgressore.

Rabbeinu Asher (1250-1327), Hilchot Klaei Begadim. 6, stabilisce che non si deve informare un individuo in pubblico che il suo abbigliamento contiene Shaatnez. Piuttosto, si dovrebbe attendere in un luogo appartato e informarlo lì in provato.

Il Rambam (1135-1204), Hilchot Kilayim 10:29, sembra essere in disaccordo con il principio di Rabbeinu Asher. Rambam scrive che se si vede qualcuno indossare Shaatnez in pubblico, si dovrebbe addirittura rimuovere personalmente i vestiti dal trasgressore, anche se è in uno spazio pubblico. Se si dovrebbe rimuovere personalmente i vestiti, ne consegue che si dovrebbe almeno informare il trasgressore della violazione, anche in pubblico.

Lo Shulchan Aruch, Yoreh Deah 303:1, riporta il parere del Rambam per quanto riguarda la rimozione di shaatnez in pubblico. Tuttavia il Ramah (in loco) riporta il parere del Rabbeinu Asher (Yoreh Deah 303:1) e il parere del Rav Isserlin (Yoreh Deah 372:1).

Shaagat Aryeh, sostiene che l’opinione di Rabbeinu Asher è un’opinione di minoranza e, pertanto, si deve informare un altro individuo di una trasgressione, anche in una situazione in cui si metterà il trasgressore in imbarazzo.

Il Bach però precisa che, anche secondo il Rambam, tutto questo si applica solo a chi è trasgressore in pubblico volutamente, e per esempio, indossa shaatnez in pubblico volontariamente. Se invece la persona è inconsapevole che sta trasgredendo indossando shaatnez in pubblico, anche il Rambam concorda sul fatto che non la si deve informare fino a quando non si trova in un luogo privato.

Rabbi Aryeh Leib Ginsburg (1695-1785), Shaagat Aryeh 58, scrive che esiste l’obbligo di informare il trasgressore della trasgressione (MiDeOraita).

Rabbi Chaim C. Medini (1833-1904), Sdei Chemed vol. V, spiega che l’obbligo di informare si basa proprio sulla Mitzvah di Tochachah.

Rabbi Yoel Sirkes (1561-1640), Bach, Yoreh Deah 303, scrive che l’obbligo di informare il trasgressore della sua trasgressione è soltanto natura rabbinica (MiDeRabbanan).

Conclusione:
Non odierai tuo fratello in cuor tuo, ammonisci il tuo compagno, ma non gli dovrai attribuire una colpa in pubblico per non metterlo in imbarazzo, non sbiancherai il suo volto in pubblico. La Mitzvah consiste nell’informare il tuo prossimo di una trasgressione da lui commessa e cercare di insegnare il comportamento corretto. Questa Mitzvah si applica a qualsiasi tipo di trasgressore e di trasgressione: sia per le trasgressioni delle Mitzvoth verso il prossimo, sia per le trasgressioni verso HaShem. Sia per le trasgressioni volontarie, sia per le trasgressioni involontarie. Sia per le Mitzvoth MiDeOraita (dalla Torah Scritta), sia per le Mitzvoth MiDeRabbanan (di origine rabbinica). Tuttavia verso i minori non vi è l’obbligo se non a scopo educativo. E’ doveroso rimproverare il prossimo in disparte, con calma, con amore e gentilezza; spiegare in modo chiaro il tipo di trasgressione. E chiunque non sia in grado di comportarsi in questo modo è esente dalla Mitzvah. È doveroso rimproverare il prossimo a condizione che non sia abbia la certezza di non essere ascoltati, in questo caso non sussiste alcun dovere. Un individuo che sia stato danneggiato da un altro è tenuto a rimproverare chi lo ha danneggiato. Tuttavia se non se la sente di rimproverarlo, può perdonarlo nel cuore e questa è Chassiduth. Chi vuol rimproverare un fratello, deve prima correggere se stesso. Tutti sono chiamati a correggere il prossimo quando si accorgono del suo errore, altrimenti la colpa ricade su di loro. In modo speciale chi ha una responsabilità che lo pone a custodia del pubblico deve sentire il dovere morale di intervenire laddove avverte l’errore del prossimo (Ez 3,16-21). L’atteggiamento deve essere sempre di massimo rispetto ed amore, altrimenti la correzione non giunge al cuore. Se il prossimo si corregge l’intervento ha avuto il suo effetto, altrimenti si interviene con maggiore rimprovero fino a che il suo volto non cambi. Bisogna assolutamente evitare di correggere con senso di giudizio o critica; con animo risentito o sotto l’influsso della collera, altrimenti si vanifica l’intervento. Si deve fare la correzione in separata sede, per non colpire la suscettibilità della persona. Quando la colpa è grave e persistente allora è possibile intervenire in presenza di testimoni.

Accogliere la correzione da parte di altri è segno di saggezza. L’umiltà di riconoscere il proprio errore permette di crescere, fa crescere la stima e la considerazione degli altri, non priva affatto la persona di una buona reputazione. È in un atteggiamento di umiltà che si mostra la vera saggezza, è saggio non chi non sbaglia mai, ma chi sa correggersi del suo errore e fare tesoro dei suoi limiti per farsi aiutare.

La correzione non è maldicenza, o chiacchiera, o diffamazione. Non si parla mai degli assenti, né in bene né in male. Non si accettano mai dicerie su persone.

Perché la Mitzvah ha un limite?

Perché non è considerata in se stessa una Mitzvah tra l’uomo e D-o, ma una Mitzvah verso il Prossimo. Se infatti mettendo i Tefillin infastidisco il prossimo, sono ancora tenuto a metterli; ma se rimproverando il prossimo causo una reazione negativa, non sono più tenuto a rimproverarlo.

Abbiamo dunque visto che prima di agire non basta valutare se si tratti di un atto di devozione: bisogna anche soppesare bene tutte le conseguenze possibili, finché si potrà giudicare con certezza quale opzione sia preferibile: l’azione o l’astensione. La Torah ha comandato (Levitico 19, 17): “Rimprovera il tuo prossimo”; e quante volte succede che qualcuno rimprovera i trasgressori in un luogo o in un momento in cui le sue parole non vengono ascoltate, facendo sì che essi aumentino la loro malvagità e si finisca così per profanare il nome di HaShem. In situazioni di questo tipo, l’unica attitudine che si addice alla devozione è il silenzio. Come dissero i nostri Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Yebamoth 65b): “Così come è una Mitzvah dire qualcosa che verrà accettato, allo stesso modo è Mitzvah non dire ciò non verrà accettato”.

Paolo Sciunnach, insegnante

(4 maggio 2015)