Qui Roma – I semi del dialogo

Schermata 05-2457148 alle 14.31.05Conoscere l’altro, piantare i germogli del dialogo, formare giovani consapevoli, estirpare il pregiudizio: questi gli obiettivi del progetto “Educazione al dialogo” voluto dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con il supporto di Regione Lazio e Religions for Peace, giunto alla sua conclusione e presentato ieri al Centro Bibliografico UCEI.
L’iniziativa, proposta dalle consigliere Ucei Daniela Pavoncello e Eva Ruth Palmieri con il coinvolgimento di tre scuole del territorio (il Liceo Scientifico “J.F. Kennedy” di Roma, l’Istituto Comprensivo di Arsoli e l’IISS “J. Piaget”), ha ottenuto un notevole successo tra gli studenti e gli insegnanti. “In un periodo nel quale ci troviamo di fonte a situazioni di inciviltà e barbarie, il dialogo è l’antidoto contro il fanatismo. Dobbiamo continuare ad esaltare la ricchezza dei valori e del confronto. Proprio qualche giorno fa alla chiusura del Moked, tradizionale momento di incontro dell’Italia ebraica, abbiamo trattato dell’importanza della mediazione e del compromesso” ha dichiarato il presidente dell’Unione Renzo Gattegna aprendo i lavori. A fare un primo bilancio è poi la consigliera Pavoncello: “I ragazzi coinvolti nel progetto sono stati 180 e gli insegnanti, che ringraziamo sentitamente per aver partecipato alla formazione negli orari extra-scolastici, quasi 60. Il nostro obbiettivo era quello di prevenire la discriminazione religiosa e culturale, far conoscere l’esempio ebraico e ci riteniamo soddisfatti. Abbiamo organizzato laboratori, proiezioni e dibattiti coinvolgendo professori e alunni. Particolare successo ha suscitato poi il lavoro di Angelica Edna Calò Livne che, con la sua fondazione Beresheet LaShalom, fa dialogare gruppi diversi attraverso l’arte e il teatro”.
“Questi germogli di dialogo – è intervenuta la consigliera Palmieri – sono stati accolti positivamente da tutti. In realtà infatti a creare la distanza è semplicemente la paura. Quello che ci siamo proposti era seguire il Tikkun Olam, il concetto ebraico dell’uomo impegnato nella riparazione del mondo, e attraverso questo volevamo finalmente diffondere e valorizzare una immagine positiva”.
Soddisfatta ed emozionata anche Calò Livne, che ha raccontato: “Sono appena tornata da un incontro analogo nel quale abbiamo riunito ragazzi palestinesi, israeliani e giordani e il nostro lavoro ha toccato il loro cuore. Con il laboratorio di teatro cerchiamo di valorizzare la sincerità, di togliere a tutti la maschera. Proprio questo è avvenuto con il progetto di educazione al dialogo”.
“Questa non è stata un’esperienza istituzionale ma un spicchio di vita straordinaria. Progetti del genere forse non riempiranno le prime pagine del giornale ma dovrebbero: in una situazione terribile come quella attuale nel quale persino il mare è diventato un cimitero, i ragazzi si sono approcciati alla complessità del mondo rafforzando il loro senso civico”, le fa eco il vice presidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio.
Un passaggio obbligato prima di riuscire a costruire un rapporto armonioso con il prossimo parte da noi stessi: “Per ascoltare gli altri dobbiamo comprendere noi stessi. Un lavoro lento e graduale che però si rivelerà vincente” incalza la docente Silvia Guetta del dipartimento di Scienze dell’Educazione e Psicologia dell’Università di Firenze.
Bilancio positivo anche per il presidente di Religions for Peace Luigi De Salvia: “Quello che ammiro dell’ebraismo è che parte dal principio ‘prima faremo e poi ascolteremo’, concetto applicato concretamente in questo progetto. Il dialogo ha bisogno di essere fecondato e nutrito per superare le maschere insite nella società. Trovo fondamentale promuovere i punti di incontro pur nella differenza. L’immagine di due fratellini del Nepal vicini l’uno all’altro dopo il disastro ambientale mi ha fatto capire che nessuno si salva solo”. L’esperto di mediazione Stefano Cera aggiunge: “Bisogna osare il cambiamento, mettersi in gioco, non giudicare. Il ruolo del mediatore è quello di fare da ponte ma il primo negoziato necessario è quello con se stessi”.
I presidi Lidia Cangemi del Liceo Scientifico J.F. Kennedy di Roma, Maria Desideri dell’Istituto Comprensivo di Arsoli e Alessandro Pellegrini dell’IISS J. Piaget di Roma esprimono all’unanimità la loro soddisfazione e passano la parola ai veri protagonisti, gli studenti, che hanno descritto le attività con entusiasmo, sottolineando un nuovo impegno per favorire la convivenza e nuovo interesse per la risoluzione dei conflitti. Gli alunni di Arsoli – raccontano – hanno persino scelto di riproporre lo spettacolo di Beresheet leShalom durante l’annuale recita scolastica.
16757454453_56032b841b_b-2In conclusione di seminario Marco Di Porto del dipartimento Informazione e Relazioni Esterne UCEI ha coordinato una tavola rotonda che ha visto il confronto tra i rappresentanti dell’Ugei (Unione Giovani Ebrei d’Italia), dei giovani della Co.Re.Is, la Comunità religiosa islamica, della Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma e infine dei giovani attivisti di Religions for Peace sul tema del dialogo; ad intervenire Maryam Turrini e Daniele Cocilovo (Co.Rei.Is), Gabriele Fiorentino (Ugei), Annalisa Ceravolo (Pastorale Universitaria) e Francesca Baldini (Religions for peace). Turrini ha illustrato l’attivismo del gruppo giovanile del Co.Re.Is che dopo aver organizzato lo scorso anno incontri di ambito più teologico si è confrontato con argomenti spinosi e attuali come il concetto di Guerra santa. Un attivismo sposato dall’Ugei nella figura di Fiorentino, che ha segnalato l’importanza della formazione sul tema dei crimini legati al pregiudizio. Ceravolo ha poi concluso: “Io sono una mamma e quando penso al tema del dialogo interreligioso e culturale la domanda che risuona è una sola: sto educando i miei figli a crescere senza pregiudizi?”.

r.s. twitter @rsilveramoked

(5 maggio 2015)