… migranti
A proposito di migranti, colpisce spiacevolmente il livello del dibattito sui media, che fa da corollario a linguaggi politici pre-elettorali che come al solito puntano sulla paura della gente, che viene istigata ad hoc per ottenere più consensi. Ma la questione non è in alcun modo come ci viene offerta (fatta salva la drammaticità dei naufragi, di fronte alla quale non si può non scandalizzarsi). Intanto le dimensioni. Noi (Italia ed Europa) ci lamentiamo per alcune decine di migliaia di disperati, ma non vogliamo vedere i milioni di profughi accampati alla meno peggio in Turchia, Giordania, Libano e perfino Iraq (!) solo per citare i casi più evidenti. Ma a parte le dimensioni, e la nostra risibile paura di perdere quel livello di inaccettabili privilegi economici di cui godiamo, l’argomento che andrebbe veramente trattato è quello della dimensione reale della dinamica dell’inclusione. L’Italia è stata nel passato ed è ancora nel presente una società capace di includere in maniera efficace e definitiva, facendosi forza innanzitutto del suo patrimonio culturale, della bellezza del suo territorio e dell’inestimabile valore del suo patrimonio artistico. E’ noto il caso del giovane Lihao, bambino di Voghera di origini cinesi che nel 2009 vinceva un concorso di poesia lombarda. Ma un caso piuttosto evidente lo abbiamo nel fenomeno migratorio che ha interessato gli ebrei ashkenaziti in Italia fra la fine del ‘300 e il ‘500. Nonostante l’esistenza di alcune tracce letterarie di un certo interesse, tutta quella popolazione parlante Yiddish perse in poche generazioni la lingua madre adattandosi all’uso dei dialetti e delle lingue italiane. Un fenomeno interessante, che non si ripeté in altre realtà (l’Europa orientale), dove lo Yiddish rimase invece lingua “nazionale” ebraica per secoli fino a raggiungere l’età contemporanea. L’Italia e gli italiani sanno includere, da secoli, ed è molto triste che i nostri contemporanei non sappiano accorgersi di questo dono. Ed è imperdonabile che gran parte della nostra classe dirigente scelga di scontrarsi su un falso problema invece di coglierne le potenzialità nel lungo periodo.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(8 maggio 2015)