Qui Milano – Expo e le sfide della casherut

milano expo casher“La casherut non è soltanto una scelta legata alla salute ma è un modo di affrontare la vita e soprattutto vivere insieme alle altre persone”. Con poche parole rav Avraham Hazan, direttore generale di Eurokosher, ha riassunto questa mattina il significato del convegno internazionale sull’alimentazione casher, che il Merkos e la società di certificazione casher Eurokosher hanno organizzato in occasione dell’Expo presso l’Università Bocconi a Milano. Un incontro che tocca molti aspetti della realtà ebraica e non solo, dalla religione ai processi dell’industria alimentare, dalle questioni etiche ai temi di solidarietà sociale. A intervenire nel corso della mattinata sia rabbanim legati a diverse certificazioni casher, sia esponenti di aziende italiane che hanno ottenuto tali certificazioni.
Dalle testimonianze degli oratori emerge dunque con forza l’idea che mangiare casher sia appunto uno stile di vita, e non solo un insieme di regole e controlli. “Quello della casherut è un messaggio universale, legato all’autocontrollo e alla gestione delle risorse”, ha sottolineato il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach.
Oltre a lui, hanno portato i loro saluti anche il presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani, il presidente del Bené Berith Milano Paolo Foà, il rettore dell’Università Bocconi Andrea Sironi e il professor Remy Cohen, il vicesindaco di Milano Ada Lucia De Cesaris, il Presidente della Commissione Attività Produttive della Regione Lombardia Angelo Ciocca, e Alessandro Pirani del Milan Center for Food Law and Policy, che ha sottolineato l’importanza tra i diritti umani proprio di quello al cibo.
Nutrire il pianeta, il titolo dell’Expo milanese, è dunque una sfida che l’ebraismo affronta con energia e consapevolezza. “Non possiamo mai, nemmeno per un secondo, dimenticare quanto siamo fortunati per il cibo sulla nostra tavola, e mentre nel mondo ci sono così tante persone che soffrono la fame il gesto più sacro che possiamo compiere è dare loro del cibo”, ha affermato il vicepresidente del movimento mondiale del Merkos rav Moshe Kotlarsky, che nei giorni scorsi si trovava in Nepal per portare sostegno alla popolazione colpita dal terremoto. “Abbiamo distribuito tonnellate di cibo a persone che non avevano più nemmeno acqua da bere – ha raccontato – e questo insegna che non possiamo mai dare per scontato il cibo che abbiamo, come simboleggiano anche le benedizioni che noi ebrei recitiamo su ogni pietanza”. Grande l’impegno nel campo della solidarietà anche da parte del Merkos milanese, che gestisce da circa due anni la cucina sociale Beteavòn, che lavorando insieme ad altre realtà presenti sul territorio tra cui la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio, distribuisce pasti kasher ai bisognosi di qualsiasi credo. “Dobbiamo sempre renderci conto che esiste una realtà al di fuori delle nostre mura all’interno della quale noi viviamo”, ha osservato il Rav Hazan. “Se stanno bene in quella realtà – ha proseguito – di certo staremo bene anche noi”.
Quella della casherut risulta dunque dagli interventi di tutti i rabbanim coinvolti come una vera e propria missione. Lo sottolinea condividendo con Pagine Ebraiche un episodio personale il rabbino statunitense Don Yoel Levy, amministratore delegato della OK Kosher Certification: “Anni fa – racconta – il rebbe di Lubavich Menachem Mendel Shneerson mi disse che avrei dovuto diffondere la casherut nel mondo. Qualche tempo dopo come era solito fare, mi diede una banconota da un dollaro da devolvere per un’opera di beneficienza, e io capii così che quella doveva essere la mia missione”, aggiunge mentre mostra che lo sfondo del suo cellulare è proprio un globo terrestre. L’elenco dei paesi visitati dal rav Levy per garantire la certificazione casher a varie aziende è lungo, e il suo intervento all’interno del convegno si sofferma nei dettagli di come avviene tale processo.
“Tra le diete vi sono delle mode, ci sono quella vegana o quella del cibo organico ad esempio, ed esse vanno e vengono, ma qual è lo stile alimentare che non scomparirà mai?”, chiede invece a Pagine Ebraiche il rabbino americano Moshe Elefant, coordinatore del Kosher Certification Service della Orthodox Union. “Quella casher, naturalmente – la sua risposta – che esiste da millenni e continua a essere seguita”. L’intervento del rav Elefant si è soffermato proprio su come il mercato casher attragga non solo gli ebrei ma diversi strati della società per merito dei controlli che in ultima analisi sono la più affidabile garanzia di qualità.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il presidente della Comunità ebraica di Parma e consigliere UCEI Yehuda Giavarini, che nel presentare il suo lavoro nel campo dell’alimentazione casher insieme ad altre aziende, riporta fonti storiche di come tale consapevolezza sia radicata addirittura da secoli nella società, in particolare italiana.
Qualità, sicurezza, etica per tutti, e per il popolo ebraico anche un altissimo valore spirituale. A metterlo in evidenza attraverso la sua particolare esperienza personale il rabbino capo di Russia Berel Lazar, milanese giunto a Mosca quando faceva ancora parte dell’Unione Sovietica. “Procurarsi i beni di prima necessità era già difficile, mangiare casher quasi impossibile, rispettare la religione addirittura pericoloso”, racconta. “C’erano però alcune famiglie che riuscivano, di nascosto e con enorme sforzo, a mantenere la casherut almeno tra le mura di casa – continua il rav – e così ho capito che nessun’altra legge è altrettanto fondamentale per garantire la sopravvivenza del popolo ebraico, in quanto quello che succede in casa, a tavola con i genitori, è ciò che rimane ai bambini e li rende fieri di essere ebrei”. Quando una persona mangia casher, conclude il rav, si eleva, “e non dobbiamo solo sfamare ma anche elevare il mondo”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(14 aprile 2015)