Qui Torino – Salone del Libro
Il fascino dei libri e dell’Italia
Inaugurato per la prima volta nei suoi 28 anni di storia all’Auditorium della Rai il Salone del Libro, come ha ricordato il Direttore del Centro Produzione Rai Pietro Grignani, nel dare il benvenuto, rende Torino per cinque giorni la città più colta d’Italia. Il presidente del Salone, Rolando Picchioni, per ricordare i quindici anni trascorsi alla guida del Salone – che quest’anno può vantare il sold out degli editori – ha voluto citare alcuni versi di Antonio Machado: “Viandante non c’e un cammino/si fa il cammino camminando.” E anche nel discorso del direttore editoriale Ernesto Ferrero sono state molte le citazioni letterarie, a onorare quei libri che “Per fortuna sono destinati a lunga vita”. E passando da Voltaire a Kant, da Montaigne a Calvino, ha ragionato di quella “crisi della sintassi che corrisponde a una crisi della civiltà” per chiedere, con le parole di Volker Weiderman, “Dove sono finiti gli scrittori e gli intellettuali che dicano con forza e a una voce ciò che è necessario dire?”. E poi concludere salutando la Germania, paese ospite 2015, con i versi scritti da Jorge Luis Borges nel 1972, quando ricordava “la dolce lingua di Germania” scelta, cercata, studiata da giovane “attraverso grammatiche e nottate, il dizionario che non centra mai l’esatta sfumatura, l’ardua giungla delle declinazioni” concludendo con un accorato “Ti ho avuta qualche volta. Oggi, al confine degli anni affaticati, ti intravedo lontana come l’algebra e la luna.” E dopo le parole di Lidia Ravera, madrina dell’edizione 2015 del Salone del Libro, è stato Giovanni Di Lorenzo, direttore del settimanale Die Zeit a tenere la prolusione inaugurale. E sono state parole dure, sincere, di quelle che solo un amico vero può pronunciare, che non hanno risparmiato nulla a un’Italia “incomprensibile e inspiegabile” che mette in difficoltà anche chi, come lui, ha un padre a Roma, una nonna a Rimini e frequenta da anni la Toscana. “Amo e soffro, e mi trovo in un grande imbarazzo perché non voglio offendere, non voglio irritare nessuno, ma nel raccontare della grande fascinazione tedesca per l’enigma Italia, devo dire anche che è un paese che mi mette in grandissima difficoltà, soprattutto quando devo spiegarlo ai tedeschi”. Ha ricordato che in Germania basta un nonnulla per rovinare una carriera politica, mentre in Italia apparentemente nulla può farlo, e che si pensa spesso che nonostante il suo grande potenziale, l’Italia sia un paese senza speranza.” Parole simili a quelle scritte da uno dei più noti corrispondenti della Germania in Italia, Dirk Schümer, che nel 2013 aveva intitolato un suo articolo molto letto e molto discusso “Italia, paese senza futuro”. Ma, ha ammorbidito i toni Di Lorenzo, l’Italia continuerà a trovare l’energia per rigenerarsi, e in Germania si sentono chiaramente i segnali di un cambiamento, e non bisogna dimenticare che, al di là degli stereotipi nazionali, gli stessi tedeschi si stanno rendendo conto di come, per esempio, la loro gestione delle grandi opere sia ben lontana dall’essere ottimale, con spese ben lontane dalle previsioni e tempi saltati per molte opere pubbliche di grande importanza: dalla Filarmonica di Amburgo alla stazione di Stoccarda, dall’aeroporto di Berlino a tante altre, molti sono i segnali che indicano come il mito della precisione e della puntualità tedesche si stia sgretolando. In parallelo la cultura italiana riscuote sempre un grandissimo entusiasmo, così come sempre grande è il successo delle opere letterarie italiane in Germania (328 quelle tradotte e pubblicate lo scorso anno, contro i 368 libri tedeschi pubblicati in Italia) anche se ben inferiore – ha sostenuto Di Lorenzo – alle vere potenzialità, con moltissimi autori che ancora non sono conosciuti. E rimane la fascinazione per tutto ciò che è Italia, dalla sua storia e tradizione all’entusiasmo incredulo per quanto è riuscita a fare con l’Expo nonostante i tanti problemi emersi a pochissima distanza dall’apertura. La risposta di Di Lorenzo, nonostante tutti i problemi e le difficoltà impietosamente messe a nudo, è stata che “No, l’Italia non è affatto un paese senza speranza, e anzi, sono sicuro che continuerà coraggiosamente sulla strada che ha intrapreso”.
Ed è stato il Julia Hulsman Trio, con la voce di Michael Schiefel, a chiudere la serata presentando al pubblico – numeroso nonostante la concomitanza con la partita, come notato ironicamente da Di Lorenzo, che aveva sottolineato “Ah, allora ci sono cose più importanti del calcio, qui?” – attraverso una scelta di canzoni di Kurt Weil, Walt Whitman e Bertold Brecht.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
(14 maggio 2015)