Salone del Libro – La Memoria insegnata ai ragazzi
“C’è chi dice che con i bambini e ragazzi non si possa parlare di cose serie. C’è chi dice i giovani non debbano essere turbati. Niente di più sbagliato: dobbiamo turbarci di fronte ai drammi della storia. Dobbiamo prendere posizione”. Con queste parole Eros Miari (responsabile del programma Bambini e Ragazzi del Salone Internazionale del Libro di Torino) ha introdotto “Ricordi la Shoah?”, uno degli incontri inaugurali del Salone. A raccontare la propria drammatica esperienza di fronte a centinaia di bambini accorsi, due ospiti d’onore: Liliana Segre, Testimone della Shoah e sopravvissuta ad Auschwitz e Hetty Verolme, sopravvissuta al campo di Bergen Belsen. Una iniziativa organizzata dalle edizioni Piemme, Il Castoro e il Salone del Libro dedicata alla Memoria e nata per ribadire con forza: “Settant’anni non bastano a dimenticare!”.
Dopo aver assistito alla lettura degli studenti della scuola torinese Dante Alighieri di alcuni passi del libro della Segre “Fino a quando la mia stella brillerà” (ed. Piemme scritto con Daniela Palumbo) e quello della Verolme, “Una storia vera” (ed. Il Castoro), a prendere la parola e raccontare la propria uscita dall’inferno nazista sono state le Testimoni.
La vicenda di Hetty Verolme, nata ad Amsterdam e deportata a Bergen Belsen (lo stesso tragitto della giovane Anna Frank che non fece più ritorno) è stata contrassegnata dalla fortuna: “Quando i tedeschi ci hanno preso – racconta – hanno separato mio fratello e me dai nostri genitori. Dopo averci portati in un campo molto ampio la nostra vita sembrava segnata: eravamo lì perché dovevano ucciderci. Invece l’autista fece marcia indietro e ci riportò a Bergen Belsen: paradossalmente sono viva perché sono tornata in un campo di concentramento. Nonostante fossi troppo grande mi hanno fatto stare in gruppo con i bambini e per loro divenni un punto di riferimento: ero la ragazza che poteva raccontarli favole prima di andare a dormire, ero la ragazza di cui fidarsi”.
“Le nostre storie – continua Liliana Segre – sono tutte diverse eppure tutte uguali noi siamo ‘i vivi per caso’, sopravvissuti nonostante la logica nazista fosse quella dello sterminio totale. Ero molto piccola quando fui cacciata da scuola e io, italiana da generazioni non potevo crederci. La mia famiglia ed io partimmo verso Auschwitz dal Binario 21 di Milano, il luogo dove attualmente sorge il Memoriale della Shoah: quando mi separai da mio padre rimasi completamente sola. A chi mi chiede quale sia stata la difficoltà e la sofferenza più grande, se la fame o la paura, rispondo senza pensarci: il dolore più grande è stato la solitudine”.
r.s. twitter @rsilveramoked
(14 maggio 2015)