Isis, minaccia per tutti
Dopo la recente uccisione, in un intervento orchestrato dagli Stati Uniti, di Abu Sayyaf, uno dei leader chiave dello Stato Islamico, a fare il punto sulla guerra contro i fondamentalisti dell’Isis sono cinque esperti di Medio Oriente, ospiti del Salone Internazionale del Libro di Torino: il giornalista della Stampa Maurizio Molinari (autore de “Il califfato del terrore”, ed. Rizzoli), Domenico Quirico (“Il grande Califfato”, ed. Neri Pozza), Jordan Foresi (“Il Califfato nero”, ed. Nutrimenti), Khaled Fouad Allam (“Il jihadista della porta accanto”, ed. Piemme) e Francesca Paci, giornalista della Stampa per anni inviata in Medio Oriente.
“L’avanzata dell’Isis – interviene il direttore del Salone Ernesto Ferrero – ci impone di non poter più nascondere questo problema sotto il tappeto e mi sembra particolarmente significativo il fatto che un pubblico così numeroso sia accorso di domenica mattina per saperne di più”.
“L’uccisione di Abu Sayyaf – entra nel vivo Molinari – ci dimostra quanto la strategia adottata fino ad adesso dagli Usa sia stata fondamentalmente perdente. Durante questo anno sono stati infatti eseguiti più di 6000 raid che non hanno avuto l’effetto sperato e hanno portato a dover riconsiderare il proprio ruolo portando ora a fare attacchi mirati ai leader”.
“Quello che mi sembra importante – aggiunge Francesca Paci – è non dimenticare mai come è iniziata questa guerra globale: prima dell’Isis in Siria era nata una ribellione pacifica al regime di Assad, una rivoluzione che io ho visto con i miei occhi e che poi è stata stravolta dal progetto fondamentalista di uno Stato islamico accentratore”.
“Questo – spiega Quirico – è il risultato di anni di turpitudini perpetrate da Bashar Assad, un protagonista che è poi diventato un granello di sabbia in una storia molto più grande. La vera crisi è che abbiamo perso la regia della Storia e quando intendo noi, ovviamente mi riferisco agli Stati Uniti perché l’Europa non è mai stata minimamente incisiva. L’Isis ha fatto perdere il timone all’Occidente, ha imposto la sua Storia e ha portato a dover ricalibrare e mettere in discussione tutto”.
“Una condizione – prosegue Jordan Foresi – che ha imposto di ridisegnare alleanze, alcune delle quali totalmente inaspettate: l’Isis ha tantissime teste da dover eliminare e per questo gli Stati Uniti si sono aperti a trattative non solo con l’Egitto, ma con l’Arabia Saudita e persino l’Iran. Non dobbiamo poi perdere di vista un altro focolaio acceso, quello nello Yemen”.
In conclusione Khaled Fouad Allam mette in luce un’altra particolarità: “Quella condotta dall’Isis è una delle guerre più classiche, cioè territoriale, ma il metodo classico per combatterla non funziona più. Inoltre ci situiamo in un contesto globale nel quale è davvero difficile delineare i confini entro i quali avvengono le azioni. Mi sembra giusto parlare infatti di un terrorismo di prossimità: non possiamo davvero sapere quale sarà il prossimo attacco e soprattutto dove accadrà”.
r.s. twitter @rsilveramoked
(17 maggio 2015)