L’umanità, forza dei Giusti

nissim“Sono sempre stati affascinato da persone che hanno fatto battaglie per la libertà e la dignità umana poi rimaste sconosciute, e più che dai grandi personaggi dalle storie più comuni”. Così Gabriele Nissim, presidente di Gariwo – la foresta dei Giusti, nel motivare la ricerche alla base del suo ultimo libro, ‘La lettera a Hitler. Storia di Armin T. Wegner’ (Mondadori). Al centro della serata di presentazione del volume, svoltasi al Teatro Franco Parenti di Milano, tra testimonianze, letture, musica e confronto sul tema de ‘La fragilità del bene’, in primo luogo la figura di Wegner, e del Giusto in generale, come un individuo forte, ma nondimeno una persona comune, caratterizzata essenzialmente da una forte umanità, che ne determina la spinta ad agire per gli altri e allo stesso tempo la normalità.
Le note de ‘Il tempo dei Giusti’, la musica composta dal musicista Gaetano Liguori in seguito a un viaggio in Polonia compiuto con lo stesso Nissim, e le letture dal libro dalla voce dell’attore Massimiliano Speziani, hanno dunque accompagnato e offerto spunti per le riflessioni di Mischa Wegner, figlio di Armin, la presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro, il parroco milanese fortemente impegnato nel sociale don Gino Rigoldi, i giornalisti Francesco Cataluccio e Antonio Ferrari, e l’attivista e figlio di un sopravvissuto al genocidio Armeno Pietro Kuciukian, in un dialogo con l’autore e con la regista e fondatrice del Franco Parenti André Ruth Shammah.
Quello di Nissim è il racconto biografico dello scrittore tedesco Armin T. Wegner, primo testimone del genocidio armeno, le cui fotografie scattate quando era ufficiale sanitario dell’esercito tedesco in Anatolia durante la Prima guerra mondiale, fornirono subito la prova inconfutabile degli orrori che erano avvenuti in quella zona. “Guardare quello foto è impressionante, in quanto in quegli stessi posti sui monti del deserto dove si nascondevano gli armeni, oggi si nasconde la popolazione siriana le cui città sono bombardate”, ha affermato Kuciukian. Nel 1933 Wegner scrisse poi una lettera a Hitler per protestare contro la persecuzione degli ebrei, e dopo aver subito torture da parte della Gestapo e costretto all’esilio, passò in Italia, tra Roma, Positano e Stromboli, il resto della vita.
“Volendoci raccontare un personaggio anche così difficile, di certo non un eroe, Nissim ha perseguito la strada della letteratura, grazie a lui vediamo tutto il dramma degli ebrei tedeschi in quegli anni come poche altre volte è stato rappresentato”, ha sottolineato inoltre Cataluccio. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il pensiero di don Gino Rigoldi, che ha analizzato tra le altre cose i conflitti interiori di Armin Wegner, soldato fedele e intellettuale fortemente legato alla Germania, che ha visto la sua nazione prima schierarsi con i Giovani Turchi nelle vicende del genocidio armeno e poi l’ascesa di Hitler al suo governo.
Il protagonista dell’impresa è naturalmente lui, ma vi è secondo Cataluccio anche un’altra eroina, la sua moglie ebrea Lola Landau, “grazie alla quale egli riuscì a rendersi conto di qual era la situazione e senza la quale la lettera a Hitler non sarebbe stata possibile”. Anche in questa meravigliosa storia d’amore vi erano però segni della normalità di Wegner, che come ha sottolineato Ferrari è sempre stato circondato da molte donne. Secondo il giornalista del Corriere anche questo fa parte dell’ambiguità dello scrittore, tratto fondamentale della sua personalità. “Wegner non ha vissuto la vita del Giusto in modo lineare, però alla fine nel momento giusto ha scritto la lettera a Hitler e si è opposto con tutte le sue forze”, ha osservato. “Non credo nell’eroismo, ma credo nel coraggio”, ha inoltre incalzato Livia Pomodoro. “Credo che parlare nel caso dell’impresa di Wegner di incoscienza – ha osservato – sia un modo leggero per dire che essere giusti significa gettare il cuore oltre l’ostacolo per un fine nobile”.
A confermare tale descrizione il figlio di Armin, Mischa Wegner, che ha offerto un ricordo personale di suo padre. “Grazie a Gabriele Nissim, che mi ha coinvolto inizialmente quasi costringendomi nelle sue ricerche, ho riscoperto non soltanto la sua figura come uomo di letteratura e di ideali, ma ho potuto anche conoscerlo come padre, perché come tutti i padri lui non raccontava nulla, e io dal canto mio non ho mai chiesto” ha detto Mischa. “Sono contento che oggi mio padre sia stato descritto come un uomo normale, perché proprio questa era la sua forza”.

Francesca Matalon

(19 maggio 2015)