Qui Torino – Dante Lattes, lezione di saggezza
Ricordi, emozioni e lucide riflessioni sul presente e sul futuro dell’ebraismo italiano hanno contraddistinto l’atmosfera partecipata del dibattito tenutosi ieri sera a Torino presso il centro sociale della Comunità Ebraica in occasione della presentazione della nuova raccolta di scritti di Dante Lattes.
Il volume, curato ed introdotto dall’ex Presidente UCEI Amos Luzzatto, nipote dell’illustre pensatore ebreo di cui ricorrono i 50anni dalla scomparsa, è stato pubblicato da poche settimane dall’editore Bonanno all’interno di una collana dedicata al rapporto tra ebraismo e modernità diretta dal prof. Saul Meghnagi.
La presentazione torinese, promossa dall’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas e dedicata alla memoria del Rav Elio Toaff a 30 giorni dalla sua scomparsa, ha dunque costituito l’occasione per un fertilissimo dibattito tra Tobia Zevi, presidente dell’Associazione stessa, il Rav Alberto M. Somekh ed il curatore stesso del volume, introdotti e moderati dal presidente della Comunità Dario Disegni.
Nell’unanime tributo all’importanza cruciale della figura di Lattes come pensatore ebreo italiano a tutto tondo, pienamente consapevole delle sfide socio-politiche oltre che etico-culturale del proprio tempo, Zevi ha delineato in particolare i tratti più interessanti delle riflessioni e degli interrogativi raccolti negli scritti del volume di nuova pubblicazione, sottolineando in specie l’inscindibilità dell’impegno culturale ed intellettuale ebraico di studio e ricerca dall’impegno politico diretto nei problemi della società circostante. Dal Rav Somekh, egli stesso assiduo ed appassionato frequentatore degli scritti di Lattes sin da ragazzo, sono venute interessanti riflessioni sugli studi ebraici condotti dall’intellettuale di origini toscane, in particolare attorno alla propria autonoma ed affascinante trattazione del concetto di “kedushà” (letteralmente “santità”, ma anche “distinzione” in italiano) nel pensiero ebraico. Nipote ed allievo di Lattes, Amos Luzzatto ha toccato il pubblico folto infine disegnando un ritratto quanto mai vivo e lusinghiero del profilo dell’autore, facendone rivivere nel racconto i tratti di quello che ha definito prima di tutto uno straordinario “conversatore”, la cui più grande abilità e forma di saggezza consisteva in effetti nel saper instillare sempre con costanza ed ironia il dubbio, la problematizzazione, nello spirito dialogico più produttivo caratteristico della tradizione orale ebraica.
Il lascito più straordinario di tale figura per i suoi allievi insomma, come suggerito in chiusura da Luzzatto, poteva essere identificato in ultima analisi nel costante stimolo alla ricerca del percorso da seguire per giungere alla soluzione di ogni problema – etico, halachico o politico – piuttosto che nell’indicazione diretta, certa ed inamovibile, della soluzione più corretta. Una lezione di saggezza, impegno ed al contempo umiltà da cui l’universo ebraico italiano di oggi dovrebbe attingere con dedizione e consapevolezza.
Simone Disegni
(20 maggio 2015)