Qui Trieste – La testimonianza muta

Schermata 05-2457163 alle 13.06.27Il Museo Carlo e Vera Wagner e la comunità ebraica di Trieste hanno ospitato la prima presentazione italiana de “Inverno in Grecia”, di Christoph U. Schminck-Gustavus (Edizioni Golem – Torino) che ha condotto il pubblico in un viaggio in cui un episodio tragico e poco conosciuto del ‘900, la deportazione degli ebrei dal paese di Giánnina in Epiro, riemerge dalle pieghe della Storia attraverso la voce di quelli che Schminck-Gustavus, storico del Diritto, definisce “testimoni muti”, le persone semplici, “quelli che la guerra non l’hanno voluta, ma l’hanno sofferta: donne, vecchi bambini.”
Furono quasi in duemila ad essere deportati, pochissimi i sopravvissuti. Erano romanioti, un gruppo ebraico presente nel territorio greco da circa 2000 anni.
Anna Maria Vinci, presidente dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, ha ricordato i rapporti di collaborazione professionale dello studioso tedesco con i colleghi Collotti, Giuntella, Revelli, il suo impegno civile e politico, il suo definirsi ‘storico scalzo’, un viandante che unisce una grande competenza nelle ricerche d’archivio con altre metodologie e che va alla ricerca dei testimoni, con pazienza e perseveranza, fin negli angoli più remoti di paesi sperduti in montagna.
Per raccogliere i racconti dalle fonti dirette ha imparato prima l’italiano e poi il greco moderno, padroneggiando benissimo entrambe le lingue. Lo spinge la consapevolezza della necessità di conoscere la propria storia, per tutti e in particolare per le nuove generazioni. Ecco allora che, anche se in pensione, continua ad insegnare all’Università di Brema, a portare anche i ragazzi delle scuole nelle aule di tribunale dove sono state emesse le condanne a morte sotto il nazismo e dove poi, nel corso dell’istruttoria durata dal 1964 al 1970, la “sfacciataggine e le bugie dei responsabili” hanno fatto sì che tanti carnefici tornassero senza pensieri alla vita di prima , occupando i posti che avevano lasciato come se niente fosse avvenuto: la cosiddetta “denazificazione”.
Nel suo intenso intervento le fotografie che testimoniano quanto avvenuto sono state offerte assieme al registrazioni di brani cantati da Willy Schwarz, con testi tratti da salmi e da preghiere, in ebraico e in greco.
La presenza di Moysís Elisáf, a capo della ormai piccolissima comunità ebraica di Giánnina, figlio di un sopravvissuto ad Auschwitz, direttore del reparto di Patologia alla clinica universitaria della città, ha permesso di ascoltare, in greco, il suo “Uovo del serpente”, mentre sullo schermo scorreva la traduzione in italiano. Costituì il suo l’intervento in occasione delle presentazioni dell’edizione greca, la prima in ordine di tempo (soltanto in seguito uscì quella in tedesco). Un testo pacato, in cui traspare la grande umanità di quest’uomo, mite ma non arrendevole, in attento ascolto dell’Altro. Bene ha fatto Christoph U. Schminck-Gustavus a volerlo inserire a chiusura dell’edizione italiana, perché rende perfettamente ciò che spinge lo storico tedesco in queste sue lunghe e pazienti ricerche: una pedagogia storiografica illuminata che senza sconti per nessuno permetta di capire cosa è stato e sia di monito per il presente ed il futuro.

Paola Pini

(20 maggio 2015)