Musica – Ballare a ritmo yemenita

A-WAAmbientazione brulla, immersa nel deserto. Un uomo in divisa avanza minaccioso munito di frusta. Da una tenda lo guarda, piuttosto scocciata, una lei che inizia il suo canto profondissimo in arabo: “Amore del mio cuore, occhi miei. È straordinario che qualcuno ti abbia messo contro di me. Ha osato mangiarmi ma non per esser soddisfatto. Come una rosa appena sbocciata l’amore mi sconvolge e mi lascia qui inconsapevole. Questo amore ha fatto piangere i miei occhi”. Un testo che inviterebbe a una dolorosa nenia dedicata all’amor perduto ma che a sorpresa mescola il sound tradizionale yemenita ad un ritmo dance a cui non si può resistere più di un minuto seduti e che promette di far ballare almeno mezza Israele. “Habib Galbi” è la canzone rivelazione delle A-wa Sisters, tre sorelle israeliane originarie dello Yemen, Tair, Liron e Tagel Haim (rispettivamente 31, 29 e 25 anni), che hanno avuto l’intuizione di mixare armoniosamente la propria tradizione insaporendola con un pizzico di attualità. Lanciano la loro serenata d’amore alla propria patria di origine, lo Yemen, proprio mentre la situazione del paese viene inasprita sempre più dall’avanzata dei ribelli Houti, preoccupando Israele sulle sorti del centinaio di ebrei ancora presenti sul territorio che non intendono lasciare le proprie case, nonostante il minaccioso grido di guerra dei miliziani sia “Morte all’America, morte a Israele, siano maledetti gli ebrei, vittoria all’Islam”.
Le tre sorelle della band, cresciute con altri tre fratelli nel piccolissimo paesino Shaharut, nel sud di Israele, si presentano così: “Siamo sorelle, tre sorelle, siamo yemenite, proveniamo da un piccolissimo posticino nel Sud e aggiungiamo hip-hop e reggae alla tradizionale musica yemenita”.
Una infanzia, quella di Liron, Tair e Tagel, passata a recitare con i nonni i tradizionali poemi liturgici e con il papà appassionato di musica greca: “Tutto questo è sempre rimasto sepolto nella parte più profonda della mia anima”, racconta Tair.
La svolta arriva nel 2010 quando, dopo aver prestato tutte il servizio militare e aver coltivato i propri studi, si ritrovano nella vecchia casa di Shaharut a cantare e scrivere insieme: “Cantiamo in diverse lingue – spiegano – ma la musica yemenita è diversa, è come tornare a casa”. Dopo aver riscoperto un intero repertorio di canzoni tradizionali cantate da donne e scritte da Shlomo Mooga tra gli anni ’50 e ’60, le sorelle Haim decidono di contattare Tomer Yosef, produttore e leader di una band che mescola musica ebraica e balcanica a sound elettronici: “Volevamo riportare alla luce i lavori di Mooga prima che sparissero per sempre” concludono. Quello che ne esce fuori è un disco con 12 tracce che promettono di entrare nel cuore dei migliaia di ebrei yemeniti di seconda generazione, i figli di coloro che giunsero in Israele dopo l’operazione Magic Carpet voluta dal governo tra il 1949 e il 1950 e che non hanno dimenticato il proprio passato. Come se non bastasse infine, le A-wa portano con loro una potentissima carica femminista: in “Habib Galbi” ad osservarle soddisfatta seduta in poltrona, la matriarca che fuma il narghilè e tiene il ritmo con fare autorevole. E mentre le tre sorelle guidano una jeep in mezzo al deserto nei pressi di Shaharut e tagliano la legna, a ballare sono tre ragazzini, maschi, che indossano una tuta blu e non riescono proprio a fermarsi.

Rachel Silvera

Pagine Ebraiche maggio 2015

(21 maggio 2015)