Qui Roma – Yakir Arbib, musica a colori

yakir arbib “Se mi si chiede cosa suonerò nel mio prossimo concerto posso solo rispondere che non lo so, perché mi inventerò tutto sul momento”. È proprio l’improvvisazione la cifra stilistica di Yakir Arbib, giovane pianista e compositore classico italo-israeliano che si esibirà lunedì sera al teatro Vascello di Roma con un repertorio per sua natura inedito e originale.

Yakir è nato 26 anni fa a Gerusalemme, ma i suoi genitori sono italiani ed è in italiano che spiega quali sono i concetti chiave della sua musica. Il suo rapporto con il pianoforte è iniziato all’età di quattro anni, a quattordici è stato introdotto nel mondo del jazz, e nel 2008 ha vinto in Italia il Premio internazionale Massimo Urbani. Ma poco dopo la pubblicazione, un anno dopo, del suo primo album intitolato “Portraits”, la sua carriera ha subito un’altra svolta radicale verso la musica classica (“Ho tagliato tutti i ponti con il jazz perché ne ho intuito i limiti e volevo sentire strutture più complesse”). E così Yakir si è iscritto alla Berklee College of Music a Boston, dove si è laureato nel 2013.

Oggi gira il mondo, ma con l’Italia afferma di sentire una “connessione molto profonda”. Non solo perché ci vive ancora una parte della sua famiglia, ma anche perché del paese ama la cultura e “il modo in cui le persone si esprimono”. Nelle sue esibizioni alterna il repertorio delle sue composizioni a intere serate di improvvisazioni, come quella che propone a Roma e che è stata resa possibile anche grazie al crowdfunding organizzato dal musicista Franco Bottone. Con il ricavato, verrà inoltre realizzato un filmato per diffondere maggiormente la musica di Yakir.

Quando improvvisa, spiega il musicista, a volte parte dal tema di qualcosa che ha già scritto, altre volte invece inventa proprio ex novo, altre ancora infine coinvolge il pubblico chiedendo di suggerirgli un motivo a cui ispirarsi, per poi reinterpretarlo. “Va bene qualunque cosa, da opere classiche famose a colonne sonore di film, e le persone riescono sempre a stupirmi”, racconta Yakir. Come per esempio quando qualcuno a Boston gli ha chiesto di confrontarsi niente meno che con la nona sinfonia di Beethoven, oppure come quando non conosce la musica che gli viene proposta e allora chiede allo spettatore di cantargliela. “Il mio scopo – sottolinea – non è tanto trovare una base da cui partire ma soprattutto rendere il pubblico partecipe del mio processo creativo”. Il risultato di tale interazione non è dunque un’interpretazione dei pezzi già esistenti ma “musiche assolutamente nuove, mai sentite”.

Per Yakir l’improvvisazione ha un valore fondamentale: “I compositori del passato che ammiro – spiega – erano tutti grandi improvvisatori ed era per questa qualità straordinaria che erano apprezzati e conosciuti, mentre ai nostri giorni sento che si è perso questo elemento della spontaneità”. Oggi il compositore sente che c’è qualcosa che manca nella musica: “Essa – osserva – viene considerata come un linguaggio, qualcosa che esiste in rapporto a un significato, a un altro oggetto. Per me invece la musica deve essere fine a se stessa”.

Naturalmente la musica di questo tipo di concerti è per Arbib un materiale prezioso. “Quando risento quello che ho suonato è sempre un’esperienza incredibilmente coinvolgente e qualche volta mi sorprendo. In alcuni casi poi lo scrivo, per risuonarlo io stesso o perché altri lo risuonino”.

Scrivere per gli altri è fonte di soddisfazione, e tra i suoi successi Yakir cita il suo debutto orchestrale avvenuto a maggio con la Jerusalem Symphony Orchestra, per la quale su richiesta del Maestro Chen Zimbalista ha composto un concerto per piano e orchestra.

Come i suoi concerti, anche il processo creativo nella composizione è un’esperienza speciale. Yakir usa per descriverlo il concetto di ‘sinestesia’: “Vedo la musica ancora prima di sentirla, per me ogni singola nota musicale corrisponde a un colore, sempre lo stesso, e così nella mia testa si creano delle forme e dei paesaggi colorati che poi trascrivo e trasformo in suono”.

Quando improvvisa sul palco tuttavia non c’è tempo di passare attraverso tutti questi stadi: “Cerrtamente per me potrebbe anche essere pericoloso, ma – conclude – allo stesso tempo ogni concerto è una bellissima sfida”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(7 giugno 2015)