Qui Roma – Dentro e fuori dal Ghetto

ghettoRicostruire la vita dentro e fuori del ghetto, ripercorrere le strade frequentate dagli ebrei romani tra il XVI e il XIX secolo, recuperare la quotidianità di una delle comunità più longeve di sempre. È l’orizzonte tracciato da “Dentro e fuori dal ghetto”, approfondito studio a cura della docente del diploma di laurea triennale in studi ebraici UCEI Micol Ferrara, appena pubblicato da Mondadori Education per la collana dedicata ai testi universitari con una prefazione della storica Anna Foa.
Un viaggio che, a partire da una ricerca urbanistica sull’antico ghetto di Roma, si concentra poi sul fenomeno delle conversioni sul rapporto tra ebrei e cattolici romani. A corredare il volume, le ricostruzioni multimediali del ghetto e del ghettarello in epoca moderna condensate in due filmati. L’opera verrà presentata oggi pomeriggio alle 17.30 al Museo di Roma in Trastevere nel corso di un incontro introdotto da Gianni Di Domenico di Mondadori Education, moderato da Myriam Silvera (coordinatrice del diploma triennale UCEI) con gli interventi di Martine Boiteux (‘École française de Rome), Claudio Canonici (Issr “A. Trocchi”), Michael Gasperoni (École française de Rome) e Carlo Maria Travaglini (Università degli Studi Roma Tre).
Per i nostri lettori una riflessione sul libro della studiosa di storia sociale Maria Rosa Protasi.

Il bel libro di Micol Ferrara è l’ultimo, in ordine cronologico ma non d’importanza, di una serie di studi che di recente sono stati dedicati alla storia del claustro romano in epoca moderna. Con l’obiettivo di «ricostruire uno spaccato della storia sociale di Roma tra XVI e XIX secolo, ripercorrendo le strade del ghetto e soprattutto inserendo gli ebrei in quelle della città» (p. XIII), l’autrice ha incentrato la sua indagine sull’analisi di svariate dicotomie (spaziali: dentro/fuori; socio-relazionali: scambi/conflitti; etico-religiose: norma/prassi) che nel periodo considerato caratterizzarono la quotidianità degli ebrei romani e i loro rapporti col resto della popolazione cittadina.

Nonostante le pesanti misure restrittive imposte dalle bolle papali del Cinquecento, gli abitanti del «serraglio» riuscirono tra le altre cose a ritagliarsi degli ‘spazi’ commerciali al di là dei luoghi ove erano stati segregati, divenendo in alcune fasi persino concorrenziali rispetto ad alcuni settori dell’economia romana, tra cui il ramo della sartoria.

L’esistenza di magazzini ebraici posti nelle aree limitrofe al claustro è però solo uno dei tanti esempi riportati da Micol Ferrara per evidenziare le dinamiche sociali interne ed esterne al ghetto, studiato non come un mondo a se stante, bensì come un’anima pulsante della vita cittadina in perenne contatto con l’universo cattolico circostante. Anello di congiunzione tra queste due realtà apparentemente separate furono per certi versi i neofiti, ovvero gli ebrei che ripudiarono la loro fede per abbracciare quella cristiana. Figure di ‘confine’ per antonomasia, i neofiti – studiati anche sotto il profilo delle strutture famigliari – ben esemplificano la problematica di fondo del libro (dentro/fuori), «in quanto la conversione li collocava fuori del loro gruppo d’origine, ma non li integrava pienamente tra i fedeli della nuova religione» (p. 101). Detto ciò, il vero fulcro del volume è rappresentato a nostro giudizio dall’uso della cartografia storica applicata allo studio del territorio, attraverso cui il lettore viene istruito su alcuni nodi tematici della ricerca.

Ci riferiamo in primo luogo all’ampliamento dei confini del ghetto fra il 1555 – data della sua istituzione – e il primo Ottocento. Come ben argomenta l’autrice, al perimetro originario si aggiunse nel 1589 la via Fiumara e, nel 1825, via della Reginella e un piccolo tratto di via Pescheria, che i precedenti studi avevano considerato erroneamente tutta inglobata nel recinto ebraico. Altro focus d’indagine è la peculiarità della situazione urbanistica e abitativa di questo spicchio di città, ove la carenza degli spazi individuali e collettivi venne fronteggiata con la costruzione di edifici molto elevati (anche di 5-7 piani). L’apparato cartografico (planimetrie, piante catastali ecc.) risulta peraltro indispensabile per: illustrare il progettato trasferimento, poi venuto meno, degli ebrei romani nel rione Borgo (1824); localizzare la posizione del ghettarello (una zona adiacente al ghetto vero e proprio in cui tra la metà circa del XVII secolo e il 1735 operò la sinagoga di Portaleone); tracciare i limiti delle parrocchie in cui è attestata l’esistenza di magazzini gestiti da ebrei; individuare gli spazi della conversione, ovvero i luoghi (primo fra tutti la Pia Casa dei catecumeni e neofiti) in cui si compiva il rito di passaggio dalla religione ebraica a quella cristiana.

Del resto l’attenzione posta da Micol Ferrara al dato territoriale trova un ulteriore riscontro in quello che può considerarsi l’elemento più innovativo del suo libro, ovvero la rappresentazione tridimensionale dell’evoluzione dei confini del claustrum (al 1555, 1589, 1825) e del tessuto urbanistico/edilizio del ghetto (e del ghettarello), realizzata in formato video e consultabile online sul sito della Mondadori Università. Tale modalità operativa, con cui si è cercato di «coniugare l’analisi storica con le moderne tecniche multimediali» (p. 26), è frutto di lunghi anni di ricerche d’archivio – ed elaborazioni informatiche – e ha trovato una prima sistematizzazione in un articolo che l’autrice ha pubblicato qualche anno addietro (La struttura edilizia del «serraglio» degli ebrei romani (secc. XVI-XIX), «Roma moderna e contemporanea», 1, 2011, pp. 83-112).

Alla luce di queste considerazioni sorprende non poco che il presente lavoro non sia patrocinato dalla Comunità ebraica di Roma, la cui storia passata viene indagata da una ‘angolazione’ che ne mette in evidenza aspetti poco studiati sia sotto il profilo storico-sociale sia dal punto di vista storico-urbanistico.

Maria Rosa Protasi

(9 giugno 2015)