Qui Torino – Una storia di coraggio

Schermata 06-2457186 alle 13.12.08Membro onorario della Resistenza francese, a 105 anni Georges Loinger non ha perso la voglia di raccontarsi e raccontare la guerra, i suoi orrori, ma anche lo straordinario impegno svolto, a rischio della vita, per salvare centinaia di bambini e oltre un migliaio di anime dalle persecuzioni, favorendo il loro passaggio in Svizzera o nella vicina Spagna. Vicende che Loinger ha racchiuso nel libro “Les résistances juives pendant l’Occupation” (pubblicato per la Fondazione francese per la memoria della Shoah) e che sono state raccontate dal diretto protagonista ieri, nel centro sociale della Comunità ebraica, nel corso di una serata organizzata dal Gruppo Sionistico Piemontese.
Georges Loinger, così Emanuel Segre Amar presenta l’ospite, “è un uomo della memoria perché dentro di sé, come diceva spesso la moglie Flore, custodisce un libro”. “Tu portes un livre en toi!”. Tra i presenti il figlio e il presidente della Comunità ebraica Dario Disegni, che ha rivolto all’ospite un caloroso ringraziamento.
Georges Loinger si dice emozionato, poi inizia a raccontare la sua vicenda e il suo passato con tono pacato ed estrema naturalità. Ciò che descrive è la condizione dei moltissimi bambini ebrei francesi che si trovarono costretti a nascondersi o a farsi adottare da famiglie non ebree o, soluzione più drastica, a migrare in paesi più sicuri.
Loinger è riuscito ad organizzare i trasferimenti e le adozioni durante tutto il periodo della guerra, salvando centinaia di bambini, regalandogli così un futuro. Loinger ricorda come in questo passaggio sia stato fondamentale il legame tra la Resistenza francese e la Resistenza ebraica: la fusione delle due ha permesso di unire le forze nel tentativo di mettere in salvo la parte più innocente e fragile della comunità ebraica, che ne rappresentava il futuro e la speranza. Il problema delle adozioni era legato principalmente a una mancanza di sussidi economici da dare alle famiglie che si facevano carico di un membro della famiglia in più da sfamare: alcune famiglie si limitarono a nascondere un bambino ebreo senza chiedere nulla in cambio, altre pretendevano un compendio. Così Georges stesso e altri organizzarono delle delegazioni che partirono per la Spagna e per l’America alla ricerca di questi sussidi.
L’adozione poteva essere una soluzione di salvezza, ma non certo la più sicura. Così si iniziarono a organizzare gli espatri o verso il confine spagnolo o verso quello svizzero. I bambini venivano accompagnati da Loinger fin quasi al confine, poi venivano affidati ai cosiddetti passeur, che tramite una ricompensa in denaro, li traghettavano da un confine all’altro. I bambini non si volevano staccare da lui, perché in Georges riconoscevano il loro vero salvatore. Tuttavia, se volevano sopravvivere, non potevano far altro che affidarsi ad uno sconosciuto che li avrebbe portati in un paese altrettanto sconosciuto. Un ruolo chiave nell’organizzare il passaggio di molti bambini dal confine francese a quello svizzero è stato svolto da un soldato italiano, con cui lo stesso Loinger era in contatto. Proprio per questo tra il pubblico era presente il Comandante dei Carabinieri delle regioni Piemonte e Valle d’Aosta, Generale Micale.
Ma dal 1943, con l’occupazione totale della Francia da parte dell’esercito tedesco, la situazione si complica e i confini vengono controllati più assiduamente. L’attività di Georges non si arresta. Nè allora, né con la fine della Guerra. Assume così un ruolo centrale nell’organizzazione della nave Exodus, che avrebbe dovuto trasportare i 4500 sopravvissuti ai campi di sterminio in terra d’Israele, perché soli lì volevano andare. Georges si occupa personalmente del trasporto di tutti i passeggeri da Amburgo al porto di Sète. La nave salpa diretta a Haifa, ma una volta giunta a destinazione si vede costretta a ripiegare in Francia in seguito all’intervento di navi e aerei inglesi che si opponevano al progetto sionista.
Georges Loinger ha ricevuto numerose onorificenze per il suo operato, ma tuttavia non le cita mai nel suo libro, caratterizzato invece da una scrittura profondamente semplice, tesa a non dimenticare coloro i quali lo aiutarono in questa impresa.
“Il libro racchiude la vita straordinaria di un uomo straordinario”, conclude Segre Amar.

Alice Fubini

(12 giugno 2015)