Padova – Nuovo museo, racconto vivo

padova museo“Il più grande patrimonio della Comunità ebraica di Padova non sono i suoi oggetti, pur bellissimi e di grande valore, ma le persone che vi hanno vissuto: un’idea molto forte che sta alla base del progetto del Museo della Padova ebraica”. Lo ha affermato Davide Romanin Jacur, presidente della Comunità ebraica e consigliere UCEI, nel presentare alla stampa il nuovo museo comunitario che si andrà ad inaugurare giovedì prossimo nei locali dell’ex sinagoga tedesca.
Realizzata con il contributo di molteplici enti (tra cui l’UCEI) e con il patrocinio della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia, l’esposizione si articolerà su due livelli. A raccontarli anche il rabbino capo di Padova Adolfo Locci, il direttore di Coopculture Adriano Rizzi e il regista Denis Brotto.
Come spiegato quest’oggi, alcune teche metteranno infatti in mostra la splendida collezione di oggetti rituali appartenente alla Comunità e ad alcuni privati. Ma – è stato ricordato – sono i numerosi personaggi illustri dell’ebraismo padovano i veri protagonisti del museo, che grazie a essi si contraddistingue per la sua unicità, raccontandoli attraverso una videoinstallazione realizzata da Brotto e intitolata ‘Una generazione va e una generazione viene’.
Yehuda Mintz, fondatore della storica yeshivah, Moshé Chayim Luzzatto, meglio conosciuto con l’acronimo di Ramchal, Shemuel David Luzzatto, fondatore di quello che è oggi il Collegio Rabbinico – sono solo alcune delle dieci personalità della storia ebraica mondiale che, con la città di Padova, hanno avuto un legame molto stretto e che riprendono vita nella proiezione, che avvolge lo spettatore fondendosi con l’architettura della sala.
padova museo 2È infatti nelle tracce delle nicchie dei due ordini di matronei scomparsi della sinagoga, incendiata nel 1943 e ristrutturata nel 1998, che i video alti circa cinque metri illustrano attraverso degli attori le biografie e fanno interagire i progagonisti in un inedito dialogo tra epoche diverse. Le immagini si aggiungono l’una all’altra nei vari punti della sala, creando intrecci tra i vari luoghi della Padova ebraica e immagini dagli effetti sorprendenti.
“La verticalità dell’architettura – ha spiegato Brotto – ha reso necessario trovare una tecnica originale, non consueta, per raccontare la vita ebraica a Padova, rappresentando un insieme di vite e di persone che continuano a convivere tra loro, tutti indispensabili per formare una Comunità”.
E sono state proprio “l’elemento d’innovazione e la grande suggestione dell’installazione” a colpire Adriano Rizzi, direttore di Coopculture, la cooperativa che gestirà le attività del museo, e la cui resonsabile dell’Area museale Michela Zanon ha collaborato al progetto.
Tra le motivazioni che hanno spinto alla realizzazione del Museo della Padova ebraica, vi è “non solo la volontà di mostrare una storia che ci rende orgogliosi, ma anche la vitalità e la sussistenza di una Comunità che esiste, è viva, e proiettata verso il futuro, come suggerisce il titolo dell’installazione”, ha inoltre sottolineato il rabbino capo di Padova Adolfo Locci, coordinatore del progetto insieme allo storico Gadi Luzzatto Voghera e al presidente Jacur.
Che ha aggiunto quanto sia importante per la piccola Comunità veneta, rinata con fatica dopo la Seconda guerra mondiale, “volgersi verso l’esterno, colloquiare con la città come strumento per combattere il pregiudizio”.
“Lavorare alla realizzazione di questo museo in pochi mesi – ha concluso – è stata un’esperienza faticosa ma meravigliosa, perché ha visto un gruppo di persone lavorare tutte insieme per la prima volta, mostrando ciò che è il senso della Comunità”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(16 giugno 2015)