Qui Padova – Un Museo per raccontarsi
Un museo nuovo e prestigioso per testimoniare e rendere evidenza alla Padova ebraica. Ma non solo la presentazione di preziose testimonianze storiche artistiche che raccontano il patrimonio culturale della Comunità ebraica di Padova e della città. Anche un punto di incontro e di raccordo per un percorso da sviluppare all’interno dell’antica, affascinante quartiere ebraico che tanto rilievo ha assunto nei secoli per le vicende italiane ed europee. E anche una spettacolare disposizione multimediale che restituisca luce e movimento sulle pareti dell’edificio dove la storia ha segnato le sue ferite.
La sala del tempio tedesco restituita a nuova gloria e risanata dopo le fiamme che l’avevano distrutta negli anni bui della Shoah, luminosa di luce interna e schermata da quella esterna, è così divenuta su tutte le sue pareti teatro di una rievocazione vivida e appassionata, una sperimentazione che non ha precedenti nelle esperienze museali ebraiche italiane.
Ad accogliere le autorità e il numeroso pubblico intervenuto alla cerimonia ufficiale di apertura del Museo della Padova ebraica, il presidente della Comunità Davide Romanin Jacur e il rabbino capo della città Adolfo Locci hanno illustrato i risultati di un impegno straordinario e il lavoro protrattosi essenzialmente nel breve spazio del primo semestre di quest’anno.
Un valore di tutti e per tutti, di cui la realtà patavina si è dimostrata consapevole entrando per la prima volta nell’area del museo con l’emozione di riappropriarsi di un patrimonio culturale inestimabile e a lungo negato o misconosciuto.
Lo ha ricordato l’assessore alla Cultura di Padova Flavio Rodeghiero, che a nome dell’amministrazione municipale ha ribadito il forte impegno della città per diffondere la consapevolezza e la valorizzazione della propria radice ebraica.
Lo hanno confermato il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna e il Presidente della Comunità ebraica di Torino (oltre che della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia) Dario Disegni, che non hanno voluto mancare al fianco di Romanin Jacur e del rav Locci in questo giorno di festa per la realtà ebraica di Padova e di tutto l’ebraismo italiano.
Molti, poi, prima della presentazione del nuovo allestimento del museo e della suggestiva, coinvolgente presentazione multimediale, i nomi da ringraziare. E fra i primi quello dello storico Gadi Luzzatto Voghera, che ha offerto un contributo determinante nell’ideazione, dell’architetto David Palterer, del giovane regista Denis Brotto.
“Generazione va, generazione viene”, questo il titolo del pezzo forte della serata, la sua videoinstallazione, che racconta la storia della Comunità ebraica di Padova attraverso le vicende di dieci sue personalità illustri, ma vuole essere idealmente il racconto di tutte le donne e di tutti gli uomini che ne hanno fatto parte e che l’hanno rappresentata, nonché di quelli chiamati a ricevere il testimone e poi a loro volta a trasmetterlo ad altri: da una generazione a quella successiva. Dieci attori interpretano dunque altrettante personalità della Padova ebraica, dal Quattrocento sino ai giorni nostri: Jeudah Minz, Meir Katzenellenbogen, Isaac Abravanel, Samuel David Luzzatto (SHaDaL), Moshè Chayyim Luzzatto (RaMHaL), Moshè David Valle, fino a Leone Romanin Jacur, Giacomo Levi Civita, Leone Wollemborg e Vittorio Polacco. Ogni racconto si sviluppa in un differente luogo della Padova ebraica: dalla sinagoga italiana ai sotterranei dell’ex sinagoga di rito tedesco, dalle corti del ghetto ai cimiteri ebraici, all’ex Convitto rabbinico all’Università di Padova, per eccellenza luogo di integrazione tra differenti culture.
Per il regista è stato necessario trovare un modo originale, non consueto, per poter raccontare la vita della comunità ebraica locale, così come cercare e adottare un insieme di soluzioni (narrative, visive, sonore) nuove, capaci soprattutto di evidenziare la compresenza di personalità e di epoche differenti, tutti e tutte ancora oggi presenti. Il video vuole trasmettere come la storia possa essere vista sotto molteplici punti di vista, sotto diverse angolazioni, sotto lo sguardo di esperienze e racconti di vita plurimi, tutti ugualmente indispensabili a formare una comunità. La soluzione scelta sono sei fonti visive, sei immagini: cinque proiettate direttamente sulle nicchie dell’antica sinagoga tedesca e una a lato, ad estendere il campo visivo. Si tratta di immagini pensate proprio per rappresentare un insieme di vite, di persone, di pensieri che continuano a convivere tra loro, e assieme a noi, in particolare proprio nel Museo, luogo così carico di significati.
E proprio dal Museo il video prende le mosse e in esso si conclude, con un finale che vuole segnare un nuovo inizio per la Comunità ebraica di Padova.
(19 giugno 2015)