Laudato sì 

tobia zeviL’Enciclica “Laudato sì’” apre, in un certo senso, l’anno decisivo per le sorti ambientali della Terra. Nel 2016, infatti, i grandi del mondo stabiliranno, a Parigi, quali sono le misure necessarie a contenere il riscaldamento globale nei termini dei due gradi centigradi. In altri termini, poiché tout se tient, dovranno decidere se fare sul serio nella tutela del nostro ecosistema, affrontando le questioni effetto-serra, urbanizzazione, sprechi, rifiuti, acqua. Scelte che – se serie – implicheranno una trasformazione del nostro stile di vita sciagurato. 
Papa Francesco mostra ancora la sua capacità di intervenire nel dibattito pubblico e di combinare dottrina e sentimenti: il testo è già dal titolo un’invocazione alla fratellanza tra esseri umani e tra Uomini e Creato. Si afferma, prevedibilmente, che causa del disastro ambientale è il mancato riconoscimento di un’istanza superiore; un laico potrebbe ribattere che non serve un atteggiamento trascendente per prendersi cura della Terra, basta una responsabilità consapevole verso il prossimo e verso le generazioni future. Cioè verso chi è oggi senza voce ma che ha diritto al rispetto. 
L’Enciclica testimonia l’importanza del magistero di Francesco anche oltre il perimetro del mondo cattolico-cristiano. C’è però un aspetto che mi pare discutibile: il testo insiste molto sulla relazione tra sfruttamento del pianeta e sfruttamento dei poveri. Un nesso evidente e da sottolineare. I più deboli sono le prime vittime del degrado ambientale e i più coinvolti dai conflitti che ne scaturiscono. Si nota giustamente che le responsabilità, quelle delle nazioni, sono diverse tra Nord e Sud, e occorre tenerne conto. Ma se c’è un dato che rende l’ecologia davvero universale – gli Obiettivi di sostenibilità in via di approvazione all’ONU assumono l’universalità come caratteristica dirimente – è che nessuno può essere davvero indifferente a questa sfida. 
Si può vivere in un una casa lussuosa; andare in vacanza oltreoceano; possedere una macchina nuova e una villa al mare; mandare i figli alla scuola privata; fare la spesa in un negozio costoso. Ma l’aria che respiriamo – direbbe Antonio de Curtis, in arte Totò – è una livella. Non fa distinzione tra il ricco e il povero. Proteggiamola. Proteggiamoci.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi    

(30 giugno 2015)