Ginevra – Il dibattito su Israele all’Onu “Sono un beduino musulmano orgoglioso di essere israeliano”
“Parlo come beduino musulmano orgoglioso, e come cittadino israeliano orgoglioso”. Così Nayef Al Haib si è presentato al Concilio per I diritti umani delle Nazioni Unite, a cui si è rivolto lunedì a nome della European Union of Jewish Students. Al Haib è intervenuto a margine la presentazione in assemblea del rapporto stilato da una commissione Onu sul conflitto esploso lo scorso anno a Gaza tra Israele e Hamas, in cui si accusano esercito israeliano e terroristi di Hamas di violazioni dei diritti umani.
“È importante per me condividere la mia prospettiva, che troppo spesso resta inascoltata”, ha dichiarato Nayef, oggi studente universitario di legge all’IDC di Herzliya. Suo padre, con cui condivide il nome, è stato ucciso dai terroristi di Hezbollah mentre era in servizio nelle Forze di difesa israeliane.
“Sono davanti ai miei occhi musulmani, cristiani, ebrei e altre minoranze vittime di oppressione, persecuzioni e dittature in tutto il Medio Oriente. Come attivista per i diritti umani universali, vorrei vedere questo Consiglio gettare luce sulla loro difficile condizione, ma quando guardo a Ginevra vedo la preoccupazione per uno Stato in particolare”, ha quindi sottolineato Al Haib, il cui intervento è avvenuto nel corso dell’Articolo 7, il controverso punto dell’ordine del giorno dell’assemblea dell’Unhrc durante il quale si discute della “Situazione dei diritti umani in Palestina e negli altri territori arabi occupati”, l’unico a riguardare una specifica area geografica. “Sono venuto apposta da Israele – ha aggiunto – per chiedere di riconsiderare l’approccio di dedicarvi uno specifico articolo”.
Dalla sua creazione nel 2006, il 35 percento dei rapporti discussi in seno al Consiglio riguardava Israele, per un totale di 61 risoluzioni. “Israele preso singolarmente – ha fatto notare Al Haib – è stato condannato più volte di tutti gli altri Stati messi insieme”.
“I miei amici e io a casa pensiamo spesso a come si possa finalmente raggiungere la pace tra israeliani e palestinesi”, ha raccontato Nayef. “Molte famiglie beduine come la mia – ha aggiunto – hanno perso un loro caro nel corso dei secoli”. La gran parte dei beduini israeliani vive nel deserto del Negev, nel nord del paese. La loro integrazione non è stata facile, e negli anni ci sono stati vari tentativi da parte del governo israeliano di ricollocazione forzata, sradicando interi villaggi per ristabilirne la popolazioni in città appositamente costruite. Oggi la metà della popolazione beduina israeliana, il cui tasso di crescita è molto alto, risiede in tali città, mentre la restante parte abita in 46 villaggi sparsi per il Negev, con la cittadinanza israeliana a pieno titolo. Sebbene non abbiano l’obbligo di prestare servizio militare, la maggior parte dei beduini si arruola volontariamente nell’esercito, e dai sondaggi risulta che essi siano la popolazione araba con il maggior attaccamento nei confronti di Israele.
“Per quanto la situazione sia complicata, sento fortemente che ogni soluzione pacifica deve iniziare da un passo fatto da entrambe le comunità, e questo Consiglio potrebbe usare la sua voce per essere un partner del processo di pace”, ha affermato Al Haib. “Tuttavia – ha proseguito – quando una delle due parti è sistematicamente presa di mira, di volta in volta viene sprecato tale potenziale e persa la credibilità”.
“Per me, la mia famiglia, i miei amici, il popolo israeliano e il popolo palestinese – la sua conclusione – la posta in gioco è troppo alta”.
f.m. twitter @fmatalonmoked
(30 giugno 2015)