Il telefono
Quando frequentavo l’Hashomer Hatzair comunicare con i genitori a casa era molto complicato: procurarsi gettoni o monete, lunghe code all’unico telefono disponibile, a fianco del quale ricordo un cartellone semiserio con le frasi da dire: sto bene, mi diverto, il cibo è buono, il tempo è bello, ecc. L’idea che i genitori fossero un’entità da tranquillizzare e con la tendenza a preoccuparsi per nulla era già istintiva fin dai primi campeggi e si faceva ancora più forte quando si diventava madrichim, guide, e i genitori da tranquillizzare non erano più solo i nostri, ma soprattutto quelli dei ragazzini affidati alla nostra custodia.
Per caso recentemente ho avuto modo di incontrare un po’ di amici con i figli al campeggio dell’Hashomer Hatzair. Oggi telefonare è molto più facile, ma la preoccupazione pare essere quella di un tempo. E, vista dall’altra parte del telefono, suona anche abbastanza giustificata: notizie un po’ frammentarie di notti insonni, cibo scarso, scherzi fatti o subiti. Se i genitori che hanno frequentato loro stessi l’HH tutto sommato se ne fanno una ragione (anzi, magari il campeggio dei figli offre una buona occasione per qualche rievocazione nostalgica) chi non l’ha frequentata a volte pare sorprendersi che persone oggi piuttosto imbranate (come per esempio la sottoscritta) possano avere affrontato da piccole esperienze simili. In effetti quando si impara a cavarsela non è detto che poi nel corso dei decenni non si disimpari.
Tranquilli, genitori Hashomer Hatzair: i campeggi sono molto più divertenti di quanto le notizie dall’altra parte del telefono lascino supporre.
Anna Segre, insegnante
(10 luglio 2015)