Casherut: cultura e identità

nl 150716Continuano gli appuntamenti dedicati alla casherut nell’ambito del progetto Kosher@Expo, e continua anche il loro successo: il convegno “L’importanza della cultura alimentare nell’identità di un popolo”, ospitato negli scorsi giorni nel padiglione Israele ha portato all’Expo tre donne d’eccezione: la direttrice della Scuola Merkos di Milano, Rivka Hazan, la presidente del Milan Center for Food Law and Policy, Livia Pomodoro, e la direttrice di “D” di Repubblica, Daniela Hamaui, che ha moderato l’incontro, qui ritratte nella fotografia dell’Ansa.
Ed è stata proprio Daniela Hamaui a inquadrare il problema, ricordando i dati sulla fame nel mondo: “Ci sono 805 milioni di persone denutrite, nello stesso momento in cui si vengono buttati 1 miliardo 300 milioni di tonnellate di cibo, una quantità che è 4 volte quello che basterebbe a nutrire coloro che soffrono la fame”. Per ogni persona denutrita nel mondo ci sono due obesi, e il cibo è la prima causa grande di disparità, un indice di diseguaglianza spaventoso tra ricchi e poveri. Rivka Hazan ha portato l’attenzione sul valore non solo alimentare della casherut, che porta a un diverso controllo di se stessi: “Nel corso di quattromila anni di storia degli ebrei, l’osservanza delle regole della kasherut è stata uno dei pilastri dell’identità ebraica. Forse più di qualsiasi altro precetto, la casherut sottolinea che l’ebraismo è molto più che una ‘religione’, nel senso convenzionale della parola. Per l’ebreo, la santità non è relegata a luoghi sacri o a momenti specifici, ma è parte integra della vita nella sua totalità: anche l’atto apparentemente più mondano quale mangiare è un’azione divina ed un’esperienza squisitamente ebraica. Ci sono tanti vantaggi alla casherut: i benefici salutari, il trattamento umano degli animali, l’effetto collante su un popolo esiliato e disperso, la protezione contro l’assimilazione. È anche vista come un nutrimento spirituale; così come vi sono cibi che fanno bene al corpo ed altri che invece, possono nuocergli, così vi sono alimenti che nutrono l’anima dell’ebreo ed altri che hanno l’effetto opposto.” E l’impegno ha anche risvolti pratici: il progetto Beteavon, la prima mensa sociale casher italiana, operativa da gennaio 2014, distribuisce migliaia di pasti a tutti coloro che ne hanno bisogno, compresi i migranti che – altro esempio di solidarietà ebraica – sono in questo periodo ospitati al Memoriale della Shoah.
Un esempio, dunque, che come ha riconosciuto Livia Pomodoro “Ha il merito di portare con sé il concetto di cibo come nutrimento non solo del corpo ma anche dell’anima. Si tratta di un’idea che dovrebbe essere diffusa in tutto il mondo.”

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(16 luglio 2015)