La rassegna settimanale di melamed
Differenze: realtà e anomalia
Melamed è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo italiano che da più di tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità sul fronte dell’educazione e della scuola. Da alcune settimane la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed esteri. Per visualizzare la newsletter settimanale di melamed cliccare qui.
Differenze: realtà e anomalia
“‘Mamma, guarda, un negro con l’iPad!’. La frase l’ho sentita qualche giorno fa, su un vagone della metropolitana di Milano. L’ha pronunciata una bambina sui sette anni. La madre le ha semplicemente detto di abbassare la voce. Appena infastidita.” Così Aldo Nove racconta su Sette del Corriere (10 luglio) una scena, che definisce “rivelatrice di tante cose” avvenuta in un momento in cui lui e la bambina erano gli unici due che si stavano guardando attorno. Così si è accorto di lei, che si è accorta di quella che evidentemente ha percepito come una “anomalia”. Aggiunge Nove che “non c’è luogo in cui ci si possa sentire più soli dove si è stivati in molti che non si accorgono gli uni degli altri. In metropolitana (forse per la brevità del tragitto e per l’assenza di un ‘esterno’ ancora di più che in qualunque altro mezzo pubblico) ci si isola. E lo si fa tutti ormai allo stesso modo. Con lo stesso mezzo: l’interfaccia universale con il quale ci si collega da una parte al mondo intero e dall’altra, più schiettamente, con quanto di noi quel mondo intero mette in scena.” Un mondo schematizzato, semplice, banale fino all’inverosimile ma quotidiano. E così, continua Nove, “‘Il negro’ che, come lei, usa l’iPad, è l’anomalia del sistema che un tempo avremmo chiamato mondo. Fondato sulla differenza. (…) Ora io non so niente di quella bambina e della sua famiglia. Non so se non frequenti le scuole, non so se non veda come funzionino le cose fuori dallo specchio in cui si riflette e in cui ci riflettiamo. Ma sicuramente so che quella bambina non vive nella realtà. Il razzismo ha sempre la sua genesi in questo: nella negazione della differenza, dell’altro.”
Arroganza culturale? Torna sulla vicenda dei libri censurati, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, e dopo una settimana di silenzio dichiara: “A fare la parte della macchietta non ci sto. Mi attaccano Amnesty International e i radical chic che mi invitano a leggere testi che conosco benissimo solo per dirmi quanto ignorante sono”. È stato attaccato da associazioni, intellettuali, semplici cittadini, scrittori di tutta Italia per il ritiro di 49 titoli di albi acquistati come strumento per educatrici e docenti per dare risposta alle franche curiosità dei bambini sull’handicap, le differenze, il sesso, l’omosessualità e la reazione è stata massiccia. Ultimo, l’appello di una sessantina di scrittori che chiedono al sindaco di bandire i loro libri per non stare in una città che fa censura. Tra le prese di posizione quella della Cgil: “Ringraziamo il sindaco Brugnaro perché ha risvegliato in questo Paese il sano e sacrosanto diritto di esprimere le proprie opinioni. In questi giorni le librerie e le biblioteche italiane stanno organizzando letture di libri censurati: un evento straordinario”. (Corriere del Veneto, 11 luglio)
L’icona con l’hijab. Molto critico l’articolo di Giulio Meotti pubblicato dal Foglio il 10 luglio: “Ha lanciato uno slogan accattivante: ‘Books, not bullets’. Due giorni fa Malala Yousafzai è tornata a Oslo, dove aveva ricevuto il Nobel per la Pace, per parlare ai leader mondiali. Ha detto che servono 39 miliardi di dollari l’anno per le sfide di alfabetizzazione.” La ragazza, scampata a un attentato dei talebani ha spiegato che la cifra corrisponde a quello che i governi spendono per le Forze armate in soli otto giorni. Per Meotti “Malala è stata cooptata dagli istinti nannying dell’establishment occidentale Per i liberal, Malala rappresenta l’archetipo della povera ragazza salvata dai barbari, il simbolo perfetto dell’esotismo degli oppressi. (…) C’è molta ipocrisia nel modo in cui l’apparato della sinistra occidentale si è appropriato di Malala per farne una icona di emancipazione femminile.” Aggiunge più avanti: “Cosa c’è di meglio che far attaccare l’apparato militare occidentale da una ragazza musulmana con hijab, questo simbolo della misoginia islamica la cui forma più estrema è la tendenza dei talebani, quelli che hanno cercato di porre fine alla vita stessa di Malala?”
Ma gli studenti universitari in Afghanistan, che erano quattromila nel 2004 sono oggi 120 mila, di cui un quarto donne, cosa che è stata resa possibile da una guerra. A Malala, racconta Meotti, ha risposto la femminista americana Phyllis Chesler: “Malala davvero crede che i libri possano fermare gli uomini che le hanno sparato? In linea di principio, l’educazione è fondamentale, ma richiede tempo, e bisogna prima aprire un varco per far arrivare i libri, per farli apprezzare più dell’apartheid di genere e del jihad, occorre un varco militare”.
Pupazzi per raccontare Auschwitz. A Spoleto il compito di raccontare la vita e soprattutto la morte nei lager è affidata alle marionette della compagnia olandese Hotel Modern, con l’aiuto di un grande plastico in cui sono riprodotte baracche, torrette di avvistamento, camere a gas, treno piombato e pure il cancello d’ingresso con la sua tristemente nota scritta “Arbeit macht frei”. E ci sono tremila pupazzi, prigionieri dimessi e perdenti nel campo di concentramento nazista. (Corriere della sera, 11 luglio)
Dal bullo al bullone. Dietro al gioco di parole si nasconde un’iniziativa della cooperativa Cidiesse (raccontata sulle pagine milanesi del Corriere, 12 luglio) che serve a sostenere i giovani che hanno scontato la loro pena al Carcere minorile Beccaria di Milano, o che sono a piede libero “in prova” per evitare il fenomeno della recidiva.
Rivoluzione, scout? Annuncia l’Avvenire (15 luglio) che il comitato esecutivo dei Boy Scouts of America ha approvato all’unanimità l’abolizione del bando totale sui leader del gruppo giovanile apertamente gay. Un cambiamento epocale per l’organizzazione, che nel 2013 aveva rinunciato al divieto di ammettere ragazzi apertamente gay, mantenendo il divieto solo sui leader, ma la proposta di modifica dello statuto non obbliga tutti i gruppi scout ad ammettere leader omosessuali. Peraltro nel testo si parla solo di “ragazzi gay”, le ragazze non vengono menzionate, né vengono usate le parole “omosessuale” o, men che meno, “lesbica”.
Ada Treves twitter@atrevesmoked
(17 luglio 2015)