Mario Nutini, campione d’altruismo

nutiniÈ il primo assaggio artistico riservato al viaggiatore che, da Roma, arriva in treno a Firenze e che dal finestrino finisce inevitabilmente per rivolgervi lo sguardo. Centinaia di sculture distese nell’incantevole scenario della vecchia Rovezzano, in un vasto prato verde, la vista che si apre sulle colline di Settignano e Fiesole. Quello che porta il nome di Enzo Pazzagli, il suo artefice, è un parco dalle mille suggestioni. Un luogo misterioso ed enigmatico, che celerebbe un ulteriore segreto. Un segreto rivelato ora a Pagine Ebraiche.
La chiave di accesso in un’opera composta trenta anni fa. Si chiama “Esplosione umana” e Pazzagli, che la espone nel parco, la volle dedicare all’amico Mario. Che nella vita faceva tutt’altro: correva in sella a una moto, si cimentava in mille imprese ardite, rubava i sospiri delle fanciulle abbinando numeri su strada ed eleganza nel vestire. Un carattere forgiato dal coraggio e dall’ardire della gioventù: neanche adolescente, si sarebbe infatti impegnato personalmente per mettere in salvo due signore ebree, ritrovate sulle rive dell’Arno a Bellariva, prima periferia di Firenze.
Si chiamavano Alice e Ione d’Ancona: avevano superato entrambe la sessantina, erano sole al mondo, portavano la traccia del terrore sul volto. Vagavano senza meta, stordite da un recente bombardamento alleato. Siamo nell’autunno del ’43. Mario, che trascorre molto tempo in quella zona, districandosi tra i giunchi del fiume, non ha esitazioni e si fionda dai genitori con una richiesta perentoria: nascondiamole fino a che non verranno tempi migliori. Carlo e Maria Nutini accettano di buon grado.
Mario altri non era che Mario Nutini (1931-2013) e, per lungo tempo, il suo nome ha fatto sognare Firenze. Seguito in ogni dove da un gruppo appassionati, si destreggiava su una Beta 175, tra i ronzini più veloci dell’epoca, e scriveva pagine memorabili del motociclismo Anni Cinquanta. Autentiche maratone su strada, come il Motogiro e la Milano-Taranto. Affermazioni in Toscana e fuori dai confini regionali, come a Bolzano o alla Sassi-Superga. Sempre da protagonista, sempre col cuore oltre l’ostacolo. Inevitabile quindi che fosse l’idolo degli abitanti di Bellariva, che ogni fine settimana si davano appuntamento sulle sue strade per sostenerlo. “Forza Nutini! Dagli gasse!”, lo striscione affisso permanentemente nel quartiere.
“Il babbo è stato un uomo eccezionale” dice la figlia Lucia, che ha raccolto le memorie di sua madre Flora, una vita accanto a Mario. Il manoscritto sarà presentato in settembre al parco Pazzagli e si propone di portare alla luce il Nutini segreto. Quello, appunto, che avrebbe teso una mano alle sorelle d’Ancona, prima aiutate nell’ora più dura, poi ospitate per molti altri anni nello stabile di vicolo Morosi 28 (oggi via Rattazzi) in cui abitava la famiglia Nutini e in cui ha oggi sede il glorioso viola club “Da Verrazzano”.
Nate una nel 1881, e l’altra nel 1882, le sorelle d’Ancona vi sarebbero restate fino al 1958, l’anno del matrimonio tra Mario e Lucia. Ma anche allora i Nutini non le avrebbero abbandonate, aiutandole a trovare sistemazione in uno stabile in viale Mazzini e a trascorrere la loro vecchiaia in serenità. Grazie a Lionella Viterbo, memoria storica della Comunità ebraica, Lucia è stata in grado di ricostruire l’anagrafica della loro scomparsa. Alice (la più giovane) è mancata nel 1974, Ione invece nel 1979. Non risulterebbero discendenti o parenti stretti in grado di confermare i fatti del ’43-44, ma la ricerca è ancora aperta.
“Mi è stato raccontato più volte come i tedeschi, insospettiti, avessero perquisito la casa. Ma per fortuna mio padre fu ben astuto da nascondere tempestivamente la scaletta di accesso alla soffitta, salvando così ogni volta l’intera famiglia” racconta Lucia, guidando una rapida ricognizione in via Rattazzi dopo aver ripercorso il tragitto compiuto dal padre e dalle sorelle D’Ancona oltre 70 anni fa, in un quartiere molto diverso da quello che è oggi, popolato all’epoca da campi e arbusti invece che da palazzoni residenziali.
Ad allontanare l’angoscia, in quei mesi terribili, le premure della signora Maria e le sue straordinarie capacità culinarie. Come una gustosa frittata di carciofi, richiesta assiduamente dalle sorelle. Il profumo si diffondeva in tutto l’appartamento e per un attimo le preoccupazioni quotidiane erano riposte in un angolo. “Un solo uovo e due carciofi, una semplice e banale frittatina che grazie all’abilità di mia nonna – si illumina Lucia – diventava una prelibatezza esclusiva”. Mamma Flora sorride e conferma: “Era davvero speciale, impossibile resistere”.

Adam Smulevich

Pagine Ebraiche agosto 2015

(10 agosto 2015)